IL TRIDENTE DI FONSEG

di

GIANLUCA MARCHESELLI

 


 

10° classificato al Concorso "Comune di Courmayeur" edizione 1997 - sezione Fantasy

 


 

 

                             

 

L’ennesimo tuono lo costrinse ad alzarsi dal letto. Non ne posso proprio più, pensò cupamente Krondor tornando con la mente alla tremenda afa pomeridiana che aveva acuito quel senso di malessere spirituale che da molto, troppo tempo albergava in lui trasformandolo in una lacerante agonia. E poi ci si è messa anche Kay, aggiunse subito dopo.

Arrivato alla finestra aprì la tenda e respirò la fresca aria notturna mentre frequenti lampi illuminavano il cielo.

- Perché mi sento così male? - si chiese fra sé per l’ennesima volta, e con la mente tornò a tre anni prima, quando la sua vita era alquanto più semplice e molto più felice. Allora viveva nel piccolo villaggio di Fley ed assieme a Kay gestiva un negozio di artefatti magici.

Certo, in quei giorni era un misero mago di quarto livello, esiliato dal regno di Imalainen, dov’era nato e cresciuto, e da tutti gli altri regni umani del nord. Certo, allora era un piccolo ladro che per arricchirsi e realizzare i suoi sogni rubava oggetti magici a tutti i nobili di Mant, ma allora era anche pieno di progetti, di speranze e di sano entusiasmo.

Poi ... poi era arrivato Xur-or-Kal, imperatore di Tarai-ran-Lek[1], che aveva realizzato tutti i suoi sogni, ma che in cambio aveva richiesto un prezzo davvero alto: il tradimento della razza umana!

Xur infatti era convinto che, se da secoli l’impero elfico del sud tentava senza successo di conquistare i regni umani del nord  era per via del maggior numero di armi magiche che i nobili di questi possedevano. Una tale disparità era assolutamente naturale se si considerava che tutti gli artefatti magici più potenti risalivano all’epoca dei re-stregoni, e che questi erano stati quasi totalmente umani; Xur aveva però deciso che era ora di modificare questa situazione, ed aveva dunque ingaggiato Krondor affinché recuperasse il maggior numero possibile di armi incantate.

Krondor ricordava ancora bene la sua prima missione che lo aveva portato nelle oscure cripte del tempio di San Tullin per recuperare una potentissima armatura nascostavi da Orth, un antico mago del decimo livello. Per riuscire nell’impresa aveva dovuto combattere contro un mostro proveniente dal mondo d’origine dei beftradi, gli antichi invasori dotati di incredibili potere mentali, posto da Orth a guardia del suo tesoro.

 Grazie a quella impresa aveva realizzato tutti i vecchi sogni: aveva infatti recuperato un proteus, ossia un potenziatore delle capacità magiche insite in ogni ash[2], di ottavo livello, ed inoltre aveva ottenuto il titolo di duca di Tallor. In quella missione tuttavia, aveva anche perso Sara, la maga che amava sin dai tempi dell’accademia e che era stata mandata dalla corporazione dei maghi di Dugarry per impedirgli di recuperare l’armatura.

Nella battaglia fra i due era stato Krondor a prevalere ma ora tutto ciò che Sara provava per lui era disprezzo e disgusto; lei stessa gliel’aveva detto, mentre i minotauri la conducevano in una prigione dove sarebbe rimasta fino al recupero dell’armatura, e lui sapeva che non aveva mentito.

Da allora Krondor aveva svolto molte altre missioni per conto di Xur-or-Kal, fino a sei mesi prima, quando il loro rapporto si era burrascosamente interrotto. Il motivo dell’attrito era molto semplice: Darren II, il vecchio re di Mant, era ormai in fin di vita e non aveva eredi; Krondor voleva quel trono, ma Xur non aveva alcuna intenzione di concederglielo. L’imperatore aveva accampato scuse di vario genere per motivare il suo rifiuto, ma Krondor sapeva bene il vero motivo: Xur voleva a capo di Mant un re debole ed arrendevole e, conoscendolo, sapeva che lui non sarebbe mai stato un fantoccio nelle sue mani.

Ad aggravare la situazione vi erano poi i problemi con Kay; il loro rapporto era andato progressivamente deteriorandosi negli ultimi tre anni, probabilmente da quando Kay si era accorta del legame che lo univa a Sara. Ma d’altronde i rapporti tra elfe ed umani erano destinati a fallire in modo quasi sistematico per via dell’odio che divideva le due razze, dell’impossibilità di procreare e della differente lunghezza di vita delle due specie.

- Dovrei dare un taglio a questa relazione - pensò, e si accorse che questo proposito si stava facendo sempre più frequente negli ultimi mesi. Ma non era affatto facile metterlo in pratica; non solo perché il loro rapporto durava ormai da oltre nove anni ed in fin dei conti sentiva di amarla ancora, ma anche perché era desolatamente solo. Kay  e Lukken erano infatti le sole  persone che lui poteva considerare amiche (a parte naturalmente Ekim che però abitava a migliaia di miglia di distanza).

- Ed infine - aggiunse Krondor, tornando a riflettere sulle cause del suo malessere - c’è quel tarlo del nono livello: sono oppure no un mago del nono livello?

Tre anni addietro, combattendo contro il guardiano Krondor era infatti riuscito a lanciare un incantesimo del nono livello. Questo era un evento assolutamente eccezionale; in passato si erano sentiti casi di maghi di terzo o quarto livello che si scoprivano in grado d lanciare incantesimi del livello superiore, ma mai un mago dell’ottavo era riuscito in un simile tentativo.

Si era trattato dunque di un caso irripetibile, agevolato dell’incredibile carica adrenalica indotta in lui dal combattimento, oppure era davvero un mago del nono livello? Krondor non lo sapeva ma era consapevole dell’importanza che poteva avere un’eventuale risposta positiva. Su Lusus infatti tutti i maghi del nono e del decimo livello erano scomparsi da quando Durm, il più grande mago mai vissuto, otto secoli prima aveva fatto scomparire tutti i proteus più potenti, nella convinzione che l’eccessivo potere di cui i maghi superiori disponevano avesse già causato troppi danni alla gente comune.

Essere in grado di lanciare gli incantesimi del nono livello (o anche solo alcuni di essi) avrebbe dunque fatto di Krondor il più potente mago vivente. Ma per trovare la risposta al dilemma vi era un solo modo: provare di nuovo a gettare un incantesimo del nono livello. Krondor però, sapendo che in caso di fallimento molto probabilmente sarebbe morto o avrebbe riportato dei danni mentali molto seri, non aveva mai trovato il coraggio di farlo, e da tre anni si macerava nel dubbio.

L’ennesimo lampo azzurrino, seguito da un potente boato lo riscosse dai cupi pensieri in cui era caduto. Si girò per tornare a letto e quasi senza accorgersene infilò la mano sotto la tunica di seta gialla che indossava e prese il medaglione magico che Xur gli aveva donato.

- E’ tutta colpa tua, Xur - stava per dire rivolgendosi al medaglione, quando si accorse che l’artefatto per la prima volta negli ultimi sei mesi era caldo.

Bene, a quanto pare gli ingranaggi stanno ricominciando a girare, pensò mentre si sfilava dal collo la catena cui il medaglione era legato. Si avvicinò al basso tavolino situato in un angolo della stanza, vicino ad una grossa libreria, e posò sul legno il medaglione. Si sedette poi sulla poltrona lì affianco ed infine, dopo un attimo di attesa, pronunciò un’arcana parola.

- Kaentar -

Subito dal medaglione proruppe un cono di abbagliante luce biancoazzurra da cui emerse dopo pochi istanti il volto incorporeo di un giovane elfo dalla pelle marrone scura, gli occhi rossi e corti capelli neri e riccioluti. Il volto era leggermente affilato e segnato da due sottili baffetti che gli conferivano un aspetto crudele.

- Salve Xur - disse quindi Krondor - è da molto che non vi facevate più vivo.

- Salve Krondor, vedo con piacere che la tua arroganza non è cambiata in questi mesi, spero che lo stesso valga anche per le tue capacità. Ho una nuova missione da affidarti.

- Il mio prezzo non è cambiato dalla nostra ultima conversazione - lo interruppe freddamente il mago.

- Dannazione Krondor, sei un lurido umano ingrato! - sbottò l’imperatore - Speravo che in questi mesi ti fossi fatto più ragionevole, ma evidentemente mi sbagliavo. Ti ho già spiegato che non spetta a me l’indicazione del nuovo sovrano ma al consiglio dei duchi di Mant, di cui tu, grazie a me, fai parte, ed allora si può sapere cosa altro vuoi?

- Voglio che la smettiate di prendermi in giro, sia io che voi sappiamo benissimo che il consiglio dei duchi è solo una formalità; sarete voi in realtà a scegliere il successore di Darren. Posso capire che non vi garbi molto l’idea di mettermi sul trono di Mant, io non sarò certo quel re fantoccio che voi desiderereste, ma per tutto quello che ho fatto in questi anni sono convinto di meritarmi la corona, e finché non me la darete non avrete più alcuna collaborazione da parte mia.

Xur fissò Krondor con i suoi occhi malevoli ed inquietanti e con voce bassa e carica di odio disse: - Ti rendi conto con chi stai parlando? Io sono Xur-or-Kal, imperatore di Tarai-ran-Lek, rappresentante su Lusus di Yinz e Senx, tutto ciò che hai lo devi a me e con la stessa facilità con cui ti ho dato un ducato potrei riprendermelo assieme alla tua vita ed a quella di tutti coloro che ti sono cari.

Krondor senti un brivido freddo lungo la colonna vertebrale, ma rimase comunque impassibile e replicò all’imperatore con la stesso tono appena usato da questo:

- Non mi minacciate, Maestà, sapete bene quali siano le mia capacità ed i miei poteri, e vi garantisco che se cercaste di farmi eliminare io mi tramuterei nel vostro peggior nemico e, forse, sareste voi a perdere tutto ciò che avete ottenuto dalla nostra collaborazione.

Un lungo silenzio seguì quelle parole, tanto che Krondor era ormai giunto a credere che l’elfo avrebbe interrotto il collegamento quando questi alla fine parlò nuovamente.

- Portami il tridente di Fonseg, ed avrai ciò che chiedi.

Krondor a quelle parole senti esplodere dentro di sé una folle euforia, che si placò però quasi subito quando si rese pienamente conto di ciò che gli era stato chiesto: recuperare il tridente di Fonseg era davvero un’impresa al limite dell’impossibile!

- Non è una richiesta da poco, mio signore - disse quindi.

- Ti aspettavi forse qualcosa di diverso visto il prezzo che richiedi? - ribatté però l’imperatore ed a quelle parole Krondor non trovò nulla con cui replicare. Prima che Xur togliesse il collegamento magico Krondor riprese però a parlare toccando un argomento che sapeva avrebbe ulteriormente irritato il suo interlocutore, ma che comunque non poteva essere tralasciato.

- Mi dispiace dovervi infastidire ulteriormente, maestà - iniziò - ma prima di intraprendere la pericolosa missione che mi avete affidato ho bisogno che mi diate, così come faceste in occasione del nostro primo incontro, la vostra parola, quale figlio di Yinz e Senx, che rispetterete l’accordo.

Gli occhi di Xur avvamparono d’ira all’udire quella richiesta così com’era avvenuto tre anni prima, la sua replica però fu pacata ancorché minacciosa.

- Simili giuramenti hanno sempre un prezzo Krondor, come dovresti ben ricordare. Sei sicuro dunque di essere disposto a subire tutte le conseguenze di ciò che chiedi?

Krondor si ricordava benissimo di come tre anni prima Xur oltre al giuramento da lui richiesto ne avesse pronunciato un

 

secondo in virtù del quale in caso di suo fallimento avrebbe fatto torturare a morte Kay. All’udire quella minaccia si era profondamente rammaricato per la sua sfrontatezza e per questo nei successivi anni non aveva più richiesto alcun impegno solenne al sovrano. Ora però non aveva scelta; gli elfi consideravano infatti gli umani una razza inferiore, e di conseguenza non si ritenevano vincolati al rispetto dei patti presi con loro. Xur finora aveva sempre tenuto fede agli accordi perché aveva ancora bisogno di lui, ma in questa occasione il mago umano non era disposto a correre alcun rischio.

- Vorrei non essere costretto a chiedervi un simile impegno Maestà - disse quindi - ma, ahimè, lo sono.

- Ho sempre ammirato la tua sfrontatezza - replicò quindi un po' a sorpresa Xur - e forse è per questo che ti ho sopportato per tutti questi anni; sia fatto dunque quanto chiedi. Io Xur-or-Kal, imperatore di Tarai-ran-Lek , giuro sul nome di Yinz e Senx che se mi riporterai il tridente di Fonseg ti farò nominare re di Mant; ma giuro anche che se userai tale potere contro di me farò scorrere su Mant un fiume di sangue quale mai si è visto nella storia.

- Spero che non mi deluderai Krondor, né adesso né in futuro - aggiunse quindi Xur e subito dopo l’immagine del suo volto scomparve.

Krondor sospirando riprese il medaglione e se l’infilò al collo. Anche stavolta la mia sfrontatezza mi ha procurato una bella responsabilità. Una volta sul trono dovrò stare bene attento a non ostacolarlo, pensò, cercando di immaginare cosa quell’elfo, che aveva fatto uccidere il padre per sedere sul trono e successivamente sterminare tutti i parenti, avrebbe potuto fare alla popolazione di Mant. Subito immagini di stragi, di schiavitù, di stupri di massa e di torture si fecero largo nella sua mente. Krondor scacciò però quei cupi pensieri e si rinfilò nel letto accorgendosi, con stupore, che il suo malessere spirituale era sparito. E prima di addormentarsi il suo ultimo pensiero andò al trono su cui presto sarebbe seduto.

 

Il sole era ormai al tramonto e colorava il cielo di rosso e viola quando Krondor si avvicinò ad una poltrona cui era posto dinanzi un grosso specchio, alto circa due metri e largo la metà, incastonato in una cornice d’oro massiccio.

Per tutto il giorno aveva cercato, inutilmente, in polverosi volumi notizie, con una qualche attendibilità storica, sui gargoyles e su Fonseg. Per fortuna c’è sempre Ekim, pensò prima di sistemarsi comodamente nella poltrona e pronunciare un incantesimo.

- Salve Ekim - disse non appena l’immagine di un grosso minotauro comparve nello specchio - spero di non averti interrotto mentre stavi facendo qualcosa di importante, ma è un sacco di tempo che non ci sentivamo più. Come stai ?

- Sto bene Krondor - rispose il minotauro con una freddezza che lasciò alquanto stupito il mago umano abituato ai suoi modi calorosi - e spero che lo stesso valga anche per te.

- Sì, certo sto bene anch’io, anche se sto per intraprendere una missione molto pericolosa che mi è stata appena affidata da Xur: il recupero del tridente di Fonseg. Ho però bisogno di alcune informazioni sui gargoyles e su quel vecchio mago umano.

- Mi dispiace, Krondor, ma non posso darti alcuna informazione su questi argomenti ed in nome della nostra vecchia amicizia devo chiederti di lasciare in pace i gargoyles.

Krondor rimase assolutamente stupefatto a quelle parole; Ekim che gli rifiutava delle informazioni? Come era possibile? Ben presto però lo stupore lasciò il posto all’ira e dopo pochi istanti sbottò:

- Dovrei lasciare in pace i gargoyles? Ma cosa stai dicendo? Xur mi ha offerto il trono di Mant in cambio del tridente. Ti rendi conto di cosa questo significhi?

- Sì, Krondor, me ne rendo conto, ma ciò nonostante ti chiedo ancora di rifiutare la sua offerta. I gargoyles che vivono sull’isola di Vastem hanno già  sofferto molto nel corso della loro storia; ora tutto ciò che essi chiedono dall’esistenza è di essere lasciati in pace dalle altre razze di Lusus e noi minotauri, essendo uniti a loro dalla comune fede verso Korgul, non ti permetteremo di disturbarli.

Krondor si incupì sempre più all’udire quelle parole ed alla fine, cercando con gran fatica di controllare la rabbia, disse - Voglio parlare con Mor-tau.

I minuti che passarono servirono a Krondor per sbollire, almeno parzialmente, l’ira che era montata in lui, e quando infine il volto serio di Mor-tau, il braccio destro del patriarca del tempio, comparve nello specchio, aveva ormai ritrovato la piena padronanza dei suoi nervi.

- Salve Mor-tau - iniziò con tono deciso - sei al corrente del problema che è sorto tra me ed Ekim ?

- Si, ne sono stato informato e ti devo dire che condivido il suo atteggiamento.

- Devo dunque dedurre che è solamente una leggenda il proverbiale senso dell’onore dei minotauri. Quando tre anni fa recuperai per voi lo scudo di Korgul, se non ricordo male, tu stesso mi giurasti che, ogniqualvolta avessi avuto bisogno di informazioni in vostro possesso, me le avreste date. Con questo rifiuto stai mancando alla tua parola, te ne rendi conto ?

Mor-tau reagì a quelle parole con un doloroso, interminabile silenzio. In quei lunghi istanti il suo animo fu lacerato da un conflitto quale mai aveva dovuto affrontare in tutta la sua lunga esistenza. Con tutto il suo essere cercò un modo per aggirare il giuramento e mandare all’inferno quell’arrogante umano, ma non ne trovò alcuno; tradire Krondor significava infatti tradire se stesso e soprattutto Korgul.

Krondor riuscì a leggere perfettamente negli occhi solitamente imperscrutabili del minotauro il tormento interiore che l’affliggeva, ed una parte di lui gli gridò di smetterla, di seguire il consiglio di Ekim e di rinunciare a quella missione, ma la bramosìa per il trono fu troppo forte e lui rimase quindi in silenzio in attesa della decisione dell’alto sacerdote.

- Bene, umano - disse infine questi - eccoti la storia che tanto ti interessa. I gargoyles ...

- No Mor-tau, non possiamo ... non è giusto - lo interruppe Ekim, che non era visibile nello specchio di Krondor ma che evidentemente era rimasto nelle vicinanze.

- Non abbiamo altra scelta, purtroppo, Ekim. Nella nostra storia non siamo mai venuti meno ad un giuramento e non lo faremo neppure stavolta.

Un breve pausa seguì quelle parole, poi il minotauro iniziò la sua narrazione.

- I gargoyles, così come narrano le leggende popolari, non sono originari di Lusus, ma di un altro mondo, altrettanto bello e molto lontano. Questo, a quanto essi dicono, è molto simile al nostro con una sola differenza significativa: l’assenza di lune. Su tale mondo i gargoyles si sono sviluppati in piena armonia con la natura e con gli altri esseri intelligenti che lo popolavano.

Agli occhi di voi umani essi possono sembrare dei demoni, con i loro occhi rossi senza iride né pupilla, le grosse ali da pippistrello, la pelle blu ed incredibilmente spessa e la lunga coda, ma in realtà la loro è una delle razze più pacifiche ed onorevoli che mai si siano viste in questo universo dagli innumerevoli mondi.

La loro armonia con ogni forma di vita è tale che per sostenersi non devono infierire su nessuna forma di vita, né animale né vegetale. I gargoyles traggono infatti la loro energia vitale dalla luce del sole. Ciò avviene attraverso un portentoso processo in virtù del quale non appena sorge il sole i loro muscoli si irrigidiscono, la loro pelle diventa dura come la pietra e la loro anima si perde nel mare dell’incoscienza. Ed in questo stato il loro corpo riesce ad accumulare le incredibili energie necessarie a muovere, non appena il  sole tramonta, i loro possenti muscoli e per permettere loro di solcare i cieli.

Per millenni i gargoyles vissero nel loro mondo, che essi chiamano Yirth, ed in questi anni conobbero la parola di Korgul e ne divennero i più fedeli seguaci. Questo stato idilliaco ebbe termine però alcuni secoli fa quando una razza potente e sconosciuta, proveniente da un altro mondo invase Yirth tramite un canale magico.

I gargoyles si trovarono a questo punto di fronte ad un dilemma dilaniante: Korgul infatti insegna che, sebbene non vi sia alcuna malvagità in chi uccide per difendersi, chi vuole vivere in piena armonia con se stesso e l’universo deve rifiutare la violenza, sempre ed in ogni circostanza. La maggior parte dei gargoyles decise comunque di unirsi alle altre razze senzienti di Yirth nella difesa del loro mondo, ma un piccolo gruppo di loro scelse però di fuggire.

E così ottocentoventisei gargoyles, guidati da una potente maga di nome Kajahit, si trasferirono sull’isola di Vasten nel nostro mondo. Questo, come già ti ho detto, era simile in tutto e per tutto al loro, con una sola importante differenza: la presenza nel cielo delle lune. Kajahit ritenne che questa fosse una differenza irrilevante, ma si sbagliava, ed il suo fu un grave errore.

I gargoyles arrivarono su Vasten nel pieno della notte e subito Kajahit si accorse che qualcosa non stava andando nel verso dovuto, lei e le altre femmine si sentivano infatti straordinariamente deboli. Poiché però i maschi non avvertivano alcun problema la maga decise di aspettare qualche giorno prima di cercare eventualmente un altro mondo. E questo fu il suo secondo, tragico errore. Quando al mattino sorse il sole, infatti, le femmine non subirono la loro consueta metamorfosi. Rimasero sveglie ed attonite mentre i loro compagni divenivano simili a statue. E, prima ancora di riprendersi dallo stupore, scoprirono quanto il sole potesse essere un nemico implacabile.

I loro occhi abituati al buio rimasero infatti subito

 

accecati, la loro pelle iniziò a bruciare, e le più deboli del gruppo, tra cui purtroppo vi era anche Kajahit, ancora spossata dall’incantesimo appena effettuato, perirono in pochi minuti.

Le più fortunate invece riuscirono a trovare riparo in alcune grotte e lì, al tramonto, subirono la trasformazione che i loro compagni avevano subito, come sempre, all’alba, scoprendo così che le pallide lune di Lusus aveva invertito il loro ciclo vitale. Questo si rivelò un grave problema; non solo perché così erano per sempre separate dai loro compagni, ma anche perché la fredda luce delle lune era insufficiente a fornire loro le energie necessarie per sopravvivere.

I gargoyles avrebbero ora voluto tornare in patria, ma purtroppo Kajahit era morta e nessun altro mago del gruppo era sufficientemente potente per aprire un portale tra i due mondi.

Quelli per loro furono i giorni della disperazione e dello sconforto, tanto che alcuni giunsero perfino a ripudiare Korgul.

Nel frattempo gli umani che vivevano su Vasten iniziarono a notare la presenza di strani esseri incredibilmente simili ai demoni di cui tanto parlavano i sacerdoti di Paentar. Queste voci giunsero infine alle orecchie del cardinal Jonas Nelisse, fratello di Kyle II, allora principe dell’isola, ed il prelato sostenne che quei mostri erano realmente demoni, liberati da Yinz e Senx, gli dei elfi, dall’inferno creato da Paentar per punire gli umani che in vita non avevano seguito le sue leggi.

Nove giorni dopo il loro arrivo su Lusus i gargoyles furono quindi attaccati da ogni uomo presente sull’isola in

 

grado di combattere. E stavolta i gargoyles reagirono!

Solo centosessantanove di loro decisero di combattere, ma nonostante la loro esiguità riuscirono a sconfiggere l’esercito umano che contava ben settemila uomini. Ed in quella battaglia solo tre gargoyle morirono mentre tra le file umane si verificò una vera strage.

Forse adesso starai pensando che ciò che ti ho appena narrato sia soltanto una leggenda, ma non è così; i gargoyles sono infatti nati per combattere; la loro forza è inaudibile, i loro artigli capaci di squarciare qualunque armatura, la loro pelle tanto dura da essere quasi impenetrabile, ed inoltre la loro velocità, nonostante la mole possente, non ha eguali su tutta Lusus. Ed oltre a ciò i gargoyles dispongono di tre armi davvero potenti: la loro coda, le loro corna e la loro mente.

Sottilissimi aghi, impregnati di una sostanza organica, ricoprono infatti la parte terminale della loro coda, e questi aghi, che possono essere lanciati dai gargoyles a piacimento, tramutano qualsiasi bersaglio in pietra. Le corna sono poi in grado di emettere dei lampi di energia pura talmente potenti da incenerire qualunque ash. Ed infine vi è la loro arma più potente: la mente! I gargoyles sono infatti dotati del potere dell’empatia, sono in grado cioè di trasmettere emozioni a chi sta loro vicino, ed in battaglia essi utilizzano questa facoltà per incutere timore e disperazione nei loro avversari. E’ una vera fortuna dunque che una razza tanto potente sia anche tanto pacifica!.

Tornando alla narrazione degli eventi, comunque, i pochi umani che sopravvissero alla battaglia fuggirono dall’isola trovando rifugio nell’antico regno di Fezzig, situato nella

zona nord-occidentale dell’attuale Mant, sul cui trono regnava allora Faomin, un potente re-stregone in lotta da oltre trent’anni con gli altri maghi della regione per il controllo dell’intera Mant.

Faomin accolse i profughi, dando loro un alloggio ed alcuni piccoli appezzamenti da coltivare, ma subito mise in chiaro che non aveva alcuna intenzione di agire contro gli invasori finché questi si fossero limitati ad occupare Vastem.

I profughi tuttavia si rivolsero anche alla Chiesa, ed il sommo patriarca di Dugarry iniziò ben presto a far pressione su Faomin, il quale alla fine decise di mandare suo fratello, Fonseg, ad investigare e, se possibile, risolvere il problema.

Fonseg era un potentissimo mago, forse il più potente dell’epoca. Al contrario degli altri stregoni però non era mai stato attratto dal potere materiale e si era dedicato unicamente alla magia. E, come i gargoyles, era un essere paradossale: era infatti uno straordinario costruttore di armi magiche, che però, poiché amante della pace, negava a tutti, compreso il fratello.

Il mago umano accettò comunque di buon grado l’incarico affidatogli dal fratello e dalla Chiesa e, novantasei giorni dopo l’arrivo dei gargoyles su Lusus, partì dal porto di Seltem, ben determinato a distruggere quegli ash che la Chiesa riteneva demoni. Ed a tale scopo portò con sé una misteriosa arma di sua creazione a forma di tridente.

Non appena però mise piede su Vastem il suo atteggiamento cambiò; l’isola infatti, a causa dell’empatia dei gargoyles, era letteralmente impregnata delle loro emozioni, ed il vecchio mago poté così percepire la nobiltà, l’amore per la pace e per ogni forma di vita e l’immenso dolore del popolo che era venuto a combattere. Fonseg divenne quindi l’unico amico che i gargoyles avessero su Lusus e cercò con tutti i suoi mezzi di aiutarli. E così, quando tre mesi più tardi, in una giornata grigia e nuvolosa, decine e decine di imbarcazioni cariche di soldati si profilarono all’orizzonte, Fonseg salì sulla torre più alta dell’unico castello dell’isola con in un pugno il suo tridente.

- Io sono Fonseg e non vi permetterò di mettere piede su quest’isola. Girate le vostre barche ed andatevene - gridò e la sua voce, grazie ad un incantesimo, fu udita da ogni soldato e da ogni marinaio anche se le relative imbarcazioni distavano ancora più di un miglio dalla costa.

Le navi tuttavia trasgedirono il suo ordine e continuarono ad avanzare. Dopo alcuni minuti perciò il mago sollevò il tridente e lo puntò contro una di queste e subito da esso proruppe un abbagliante lampo di luce verde che colpì il distante bersaglio distruggendolo completamente. Nei successivi minuti altre due imbarcazioni furono affondate da Fonseg ed alla fine la flotta nemica invertìi la propria direzione e scomparve all’orizzonte.

Fonseg si occupò allora del problema costituito dalle femmine gargoyles; queste infatti a causa dell’insufficiente energia fornita loro dalle lune erano tutte debolissime ed ormai prossime alla morte. L’unica soluzione che il mago riuscì a trovare fu però estremamente dolorosa per i maschi; Fonseg infatti dovette rendere permanente lo stato di riposo delle femmine e ciò significa che da oltre ottocento anni il loro corpo è rimasto freddo, rigido, incosciente ed immobile esattamente come quello di una statua. Ed in questi ottocento anni non c’è stato giorno in cui l’anima di ogni maschio del gruppo non sia stato lacerato da un dolore tanto profondo da risultare totalmente incomprensibile alla tua mente ed a quella della quasi totalità degli abitanti di Lusus.

Nel frattempo nei regni umani la Chiesa ricominciò a sobillare il popolo contro i demoni invasori, e Fonseg per non essere costretto ad affrontare una nuova crociata, eresse, intorno all’isola, una possente barriera magica che da allora impedisce l’accesso a Vastem ad ogni essere senziente.

Fonseg infine iniziò a cercare un mondo dove i Gargoyles potessero vivere in pace, ma il mago, ormai peraltro molto anziano, morì improvvisamente, a causa di un potentissimo incantesimo gettato da ben otto maghi del decimo livello contemporaneamente, prima di essere riuscito in questo compito.

I gargoyles deposero allora il suo corpo ed tridente in una teca di cristallo, costruita dallo stesso Fonseg, e portarono poi la teca nella cripta del castello, in cui a causa di incantesimo è possibile entrare ed uscire solo nelle ore notturne; ed è lì che ancora oggi si trova il tridente.

Questa dunque è la storia dei gargoyles ed ora che la conosci Krondor mi auguro che ti asterrai dall’arrecare ulteriori sofferenze a questo nobile popolo. -

Krondor, che aveva ascoltato la storia nel più rigoroso silenzio, era in effetti rimasto alquanto scosso dalla narrazione del minotauro ed in silenzio rimase per alcuni istanti cercando di decidere se era il caso di rinunciare alla missione.

- Mi dispiace sinceramente del triste destino che ha colpito i gargoyles - disse infine - ma questo non cambia la situazione; il trono è troppo importante ed inoltre non è ammissibile che un’arma straordinaria quale il tridente rimanga per l’eternità in una bara per sole ragioni sentimentali. 

- Adesso però - riprese dopo alcuni istanti - mi serve un’ultima informazione: come posso oltrepassare la barriera di Fonseg?

Mor-tau trasse un profondo respiro prima di rispondere.

- A quel che sò - disse poi - la barriera è stata costruita unendo al potere magico di Fonseg quello empatico dei gargoyles. E’ una barriera incredibilmente potente che agisce sia sul piano fisico che su quello psichico. Tuttavia anch’essa ha un punto debole; al tramonto, quando i maschi si risvegliano dal loro sonno, per alcuni istanti si indebolisce, ed in quegli istanti è possibile che un mago, se coadiuvato da un cavaliere psichico, riesca ad oltrepassarla.

- Ti ringrazio Mor-tau -disse quindi il mago - mi sei stato, come sempre, molto utile, e sono lieto di avere constato che il senso dell’onore dei minotauri è davvero grande - e cosi dicendo disattivò il collegamento. Subito dopo contattò Lukken.

 

Quella stessa notte nel lontano tempio di Korgul si tenne una riunione a cui nessuno dei partecipanti avrebbe mai voluto prendere parte.

- Non possiamo lasciare che Krondor derubi i gargoyles. - disse Ekim - Dobbiamo avvertirli in modo che possano fermarlo.

- Ma così facendo tradiremmo Krondor e con ciò il nostro giuramento - ribatté Mor-tau.

- Noi abbiamo giurato di dargli tutte le informazioni che ci avrebbe richiesto, e così abbiamo fatto; ora però dobbiamo fermarlo -

- E’ giusto - intervenne Lon-tir, sommo patriarca del tempio di Korgul - il giuramento è stato rispettato e,anche se è doloroso tradire Krondor, dobbiamo avvertire i gargoyles. Per favore Ekim occupatene tu.

- Come desideri Lon-tir.

 

Krondor e Lukken partirono dal porto di Seltem, a bordo di una piccola imbarcazione, appena spuntato il sole. Con loro a bordo vi erano solo due cavalli, che Krondor aveva addormentato con un incantesimo. Di comune accordo avevano deciso di rinunciare ad un equipaggio, che era loro totalmente inutile visto le loro passate esperienze in mare a bordo delle navi dei pirati di Kash-Antir.

Lukken era particolarmente silenzioso quella mattina, notò Krondor, ma d’altronde era da quando gli aveva chiesto di aiutarlo che il cavaliere non era più del suo solito umore gioioso e spensierato. Lukken infatti aveva subito letto nella mente dell’amico, la storia dei gargoyles, e Krondor aveva trovato notevoli difficoltà a convincerlo. Solo in nome della loro vecchia amicizia, che durava ormai da oltre dieci, da quando Lukken lo aveva aiutato a fuggire dal regno di Dugarry subito dopo la sua espulsione dall’accademia, vi era riuscito. Ma la riottosità dell’amico, in genere sempre pronto a gettarsi in nuove avventure, aveva lasciato ulteriori dubbi nell’animo del mago.

La traversata fino all’isola di Fezzig richiese una dozzina di ore, durante le quali i due si scambiarono solo poche parole limitandosi a godere del caldo sole estivo.

Arrivarono nelle vicinanze di Fezzig circa un’ora prima del tramonto, aspettando il quale Krondor fece compiere alla barca un intero giro dell’isola. Più volte in quell’ora sfiorarono la barriera e subito il mare si fece molto mosso e la loro mente fu invasa da immagini di morte e di demoni.

-Se l’intensità della barriera non si ridurrà al tramonto sarà impossibile oltrepassarla - disse Lukken dopo che l’ebbero sfiorata per la seconda volta.

- Si ridurrà, non ti preoccupare - replicò Krondor, che tuttavia era meno calmo di quanto voleva apparire; le immagini che la barriera proiettava nella mente erano infatti di una tale intensità da far scoppiare il cuore di un uomo in pochi momenti.

Quando finalmente il sole scomparve all’orizzonte Krondor puntò nuovamente verso l’isola. Di nuovo il mare ricominciò ad agitarsi e immagini da incubo si riversarono nelle loro menti. Stavolta però l’intensità dell’attacco risultò leggermente inferiore ai precedenti tentativi ed i due decisero quindi di proseguire. Pochi istanti dopo le immagini di demoni, sangue e morte iniziarono a farsi più sfuocate e meno credibili grazie ad uno schermo mentale generato da Lukken; Krondor tuttavia non si accorse quasi della differenza impegnato com’era a cercare di tenere a bada l’imbarcazione che a causa delle onde sempre più alte fu più volte sul punto di rovesciarsi.

Nei pochi minuti necessari ad oltrepassare la barriera, che ai due sembrarono comunque durare un’eternità, molte volte l’imbarcazione sembrò essere fuori controllo e molte volte gli incubi tornarono a farsi più vivi e più angoscianti; alla fine comunque Krondor e Lukken riuscirono a passare, e si ritrovarono a poche decine di metri dalla costa. I due scesero quindi dalla nave e la trascinarono fino a riva dopodiché si lasciarano cadere, distrutti, sulla spiaggia sabbiosa.

Per parecchi minuti rimasero sdraiati, ansimanti e sconvolti, cercando di cancellare dalle loro menti la prova che avevano appena dovuto superare. Fu Krondor, alla fine, il primo a ritrovare le forze sufficienti per alzarsi e dirigersi verso la barca. Mentre muoveva quei pochi passi si accorse però di un fatto che la sua mente spossata non aveva ancora, fino ad allora, pienamente percepito: dal momento in cui avevano oltrepassato la barriera un fiume di emozioni e di immagini dolorose si era riversato in lui. Ricordi di un mondo perduto, un dolore infinito e lacerante, l’affettuoso e malinconico ricordo di un vecchio umano, la nostalgia per le compagne perdute, il cupo rimorso per una battaglia combattuta ormai da molti secoli e molte altre sensazioni sembravano impregnare l’aria stessa.

L’intensità delle emozioni era tale da non consentire in pratica ai due uomini di pensare, potevano solo annegare in quel mare di ricordi e di disperazione. Solo dopo numerosi tentativi Krondor riuscì a muoversi ed a raggiungere la barca. Una volta a bordo prelevò una piccola scatola di legno e tornò a sedersi sulla spiaggia. Dalla scatola estrasse poi due piccole boccette di vetro contenti un fluido azzurrino che aveva preparato il giorno precedente. Il mago stappò la prima boccetta e bevve con avidità il suo contenuto e, dopo solo pochi istanti, sentì rifluire in lui le energie perdute. Dopodiché anche Lukken bevve la pozione e potè quindi creare uno schermo mentale che isolò le loro menti dalle emozioni dei gargoyles.

Finalmente in grado di pensare liberamente i due poterono cercare con lo sguardo il castello che si ergeva su una collinetta al centro dell’isola, e poterono così ammirare decine e decine di enormi esseri che volavano tra le torri del maniero illuminati dalla luce di Leukra, la luna azzurra, Rossen, la luna rossa, e Astel, la luna bianca.

- Dobbiamo andare - disse quindi Krondor, distogliendo lo sguardo dallo spettacolo e ritornando all’imbarcazione dove svegliò i due cavalli. Le bestie diedero subito segni di enorme nervosismo e Lukken dovette intervenire con i suoi poteri per calmarle.

I due salirono quindi in sella e, dopo che il mago ebbe occultato con un incantesimo l’imbarcazione e loro stessi, si misero in cammino su una strada che ormai da secoli non doveva più essere stata usata.

Dannazione pensò Krondor guardando le lune nel cielo abbiamo   già  perso  troppo  tempo. Se  è  vero  che  nella  cripta  è possibile entrare ed uscire solo nelle ore notturne, abbiamo a disposizione ancora solo poche ore per rubare il tridente.

Dopo circa tre ore di cavalcata ad un ritmo alquanto sostenuto, i due arrivarono, finalmente, in vista delle porte del castello, che erano fortunatamente aperte. Sopra di loro, incuranti dei due uomini, centinaia di gargoyles volavano e giocavano nel cielo. Visti da vicino, notò Krondor, sembravano davvero enormi ed inquietanti.

- Guarda sulle mura - bisbigliò Lukken, quando erano ormai a poche decine di metri dalle porte, ed il mago alzando lo sguardo vide centinaia di statue dalle fattezze simili a quelle dei mostri che volavano sulle loro teste. Sapendo che quelle erano le femmine e ricordando il dolore dei maschi l’anima di Krondor fu nuovamente invasa da una profonda tristezza e per un attimo desiderò di aver dato retta ai minotauri, ma nonostante ciò riprese a muoversi ed attraversò le porte.

Ci vollero circa dieci minuti per attraversare quello che un tempo doveva essere stato il giardino del castello e per giungere infine davanti all’imponente mastio collocato al centro della cinta muraria. Le spesse porte di legno erano chiuse, ma fortunatamente non erano sbarrate ed i due poterono così aprirle ed otrepassarle con facilità.

 Si ritrovarono in un corridoio buio e dall’aria pesante. Krondor pronunciò allora un incantesimo in reazione al quale comparve a mezza altezza, davanti a loro, un fuoco fatuo azzurro. Iniziarono quindi a percorrere il corridoio, il cui pavimento era ricoperto da uno spesso strato di polvere e sporcizia, e, dopo  aver svoltato una volta a sinistra ed avere oltrepassato una vecchia armatura arrugginita appesa ad una parete, trovarono una scala  che portava ai piani inferiori. Krondor si concentrò  per alcuni istanti e subito percepì, proveniente dal basso, il forte richiamo dalla magia del tridente.

I due iniziarono allora a scendere i gradini stretti ed alquanto scivolosi, sempre guidati dal fuoco azzurro, e, dopo avere oltrepassato decine di enormi ragnatele che ostruivano completamente il passaggio, sbucarono in un nuovo corridoio estremamente umido e freddo. Dopo pochi metri incontrarono una nuova scala che conduceva in basso, ma Krondor fece segno a Lukken di proseguire in quanto sentiva che il tridente si trovava al loro livello.

Il tunnel proseguì per alcune decine di metri per poi svoltare a destra, ed una volta girato l’angolo e due umani si trovarono di fronte ad un arco di pietra che portava ad un’ampia sala. Sull’arco erano incise rune antiche da cui proveniva un’incredibile sensazione di potere e Krondor, dopo averle esaminate brevemente, giunse alla conclusione che Mor-tau non si era sbagliato: quell’arco poteva essere oltrepassato solo nelle ore notturne. Se non fossero riusciti ad uscire prima dell’alba sarebbero dunque rimasti intrappolati nella stanza fino al tramonto successivo. Krondor rabbrividì all’idea ma cercò di farsi forza ed oltrepassò l’arco a passo spedito, subito seguito da Lukken.

Si ritrovarono in una stanza ampia ed alta, con il soffitto a volta, al cui centro, posata su un blocco di marmo bianco, giaceva una teca di cristallo trasparente da cui fuoriusciva una pallida luce verde. In lontananza, lungo le pareti, si potevano vedere altre tombe in pietra grigia, e tutta la stanza era costellata da grosse colonne a basa quadrata che si innalzavano fino al soffitto.

Krondor e Lukken una volta avvicinatisi alla teca ne osservarono il contenuto: il corpo, perfettamente conservato, di un uomo minuto, praticamente calvo e con una folta e lunga barba bianca. Sul petto dell’uomo era posato l’oggetto della loro ricerca: un tridente dal lungo manico di oro purissimo finemente intarsiato da rune magiche che terminava in tre punte, formate da una strana pietra verde leggermente fosforescente. Krondor focalizzò la propria concentrazione sull’arma e rimase assolutamente esterrefatto dalla potenza che da essa promanava; senza alcun dubbio quello era l’artefatto più potente che avesse mai visto.

Cosa darei per sapere dove Fonseg ha nascosto tutte le sue                   armi pensò Lukken amaramente ben sapendo che nessuno - a quanto sembrava neppure i minotauri - conosceva dove queste fossero state riposte. Accantonando con irritazione quel pensiero Krondor tornò ad occuparsi del tridente.

Iniziò quindi a girare intorno alla teca esaminandola con attenzione alla ricerca della serratura. Fece un primo giro, poi un secondo ed ... un terzo. Alla fine dovette però arrendersi all’evidenza: non vi era alcuna serratura, la teca sembrava formata da un blocco unico di cristallo.

Ma come diavolo è possibile? Be, non importa, vorrà dire che ricorrerò alla forza.

Ma così facendo non rischi di attirare l’attenzione dei gargoyles?, intervenne mentalmente Lukken.

Spero proprio di no.

Dopo che Lukken si fu allontanato iniziò quindi ad accumulare energia magica che, senza alcuno sforzo apparente, rilasciò poi in un abbagliante fulmine che, partendo dalla sua mano destra alzata, andò a colpire la teca.

Quando i suoi occhi, che erano rimasti abbigliati dall’esplosione, si furono ripresi guardò la bara e ... dovette fare un enorme sforzo per credere al messaggio che questi stavano inviando al suo cervello: la teca era assolutamente intatta e non sembrava aver subito alcun danno.

E adesso cosa faccio? Mi rimane poco tempo, devo trovare        qualcosa, non posso fallire, ... il trono è troppo importante                                  ... devo sbrigarmi ... non voglio rimanere intrappolato                                          qui dentro ... cosa posso ... Potrei provare un incantesimo del nono livello ... ma è troppo rischioso ... se fallissi potrei ... ma se non provo come ... Basta!

Con uno sforzo di volontà cercò di scacciare dalla propria anima l’angoscia e l’ansia che in essa si erano insediate e di ritrovare la calma indispensabile per poter ragionare.

- Sei sicuro che non si tratti di un’illusione? - chiese quindi al cavaliere di Karnak[3].

- Assolutamente. - rispose questi con sicurezza - Sai bene che noi cavalieri psichici possiamo individuare un’illusione, anche se creata da un mago del decimo livello, senza alcun problema, e ti posso garantire che questa teca è assolutamente reale -.

- Allora riproviamo con la magia - disse il mago che avvicinandosi alla teca pronunciò un altro incantesimo che avrebbe dovuto modificare la struttura fisica della teca in modo da renderla incorporea  e quindi penetrabile dalla materia. Allungò quindi la mano verso la struttura di cristallo, convinto che stavolta tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma subito essa si scontro contro la fredda pietra trasparente che racchiudeva il vecchio mago.

- Maledizione - gridò. - Vista la situazione - riprese dopo pochi istanti rivolgendosi a Lukken - non ci rimane altra scelta che portare via l’intera teca e cercare il modo per aprirla una volta che saremo a casa -.

Pronunciò quindi un incantesimo in risposta al quale la teca ed il blocco di marmo sottostante iniziarono a fluttuare a mezz’aria.

NOOOOOOO!

Un boato esplose improvvisamente direttamente nella mente dei due uomini stordendoli profondamente e subito dopo due gargoyles sbucarono da dietro una delle colonne lanciandosi contro i due ladri. Krondor rimase per alcune frazioni di secondo come paralizzato di fronte a quei due enormi bestioni dalla pelle azzurra-violastra che correvano, a quattro zampe, verso di loro a folle velocità. Le corna di uno iniziarono poi a brillare e subito dopo generarono un lampo bianco-azzurro che Krondor riuscì però a deviare con uno scudo magico eretto frettolosamente. L’impatto fu comunque talmente violento da scagliarli indietro di parecchi metri.

Prima ancora di rialzarsi Krondor, vedendo i due gargoyles ormai vicinissimi, lanciò contro di loro un’enorme sfera di fuoco rosso. I due emisero un agghiacciante ululato mentale quando furono investiti dalla sfera, ma quando ne riemersero erano ancora incredibilmente vivi e non sembravano neppure feriti.

Le corna dei due mostri iniziarono quindi nuovamente a brillare e, contemporaneamente, le menti dei due uomini furono invase da un terrore cupo, assoluto e paralizzante. Krondor però, così come già era accaduto tre anni prima, reagì a quel terrore totale accantonando ogni prudenza e, dopo aver raccolto in un solo istante tutta l’energia magica che poteva immagazzinare, scagliò contro i due aggressori un potentissimo fiume di energia generato da un incantesimo del nono livello. I due furono colpiti in pieno dall’incantesimo e scagliati contro una parete distante almeno quaranta metri. Uno di essi rimase a terra immobile, l’altro, seppur barcollante, dopo alcuni istanti si rialzò e ricominciò a muoversi verso i due uomini.

Basta! Fermati Sanzankalo! Già troppa violenza stanotte                             ha disturbato il riposo di Fonseg intervenne a quel punto una voce mentale antica ed autoritaria. Subito dopo un gargoyle emerse da dietro una delle tombe di pietra, seguito immediatamente da numerosi altri mostri dalla pelle blu. Il gargoyle che aveva interrotto lo scontro era alquanto vecchio, con la pelle che più che al blu tendeva ormai al grigio ed il volto solcato da profonde rughe. Camminando lentamente si avvicinò alla teca, dinanzi a cui poi si fermò e formulò, fissando il cadavere del vecchio mago, un semplice pensiero.

Perdonami Fonseg, vecchio amico.

Subito dopo le sue mani artigliate si mossero verso il cristallo della teca attraversandolo come se non esistesse, per poi chiudersi intorno al manico del tridente e trascinare fuori dalla bara la potente arma.

Prendi uomo, disse quindi lanciando a Krondor il tridente, prendi il tridente e vattene. Abbiamo promesso ad Ekim che avremmo cercato di non ucciderti; ma dato che questo sembra essere l’unico modo per fermarti, in nome dell’amicizia che lui prova per te, ti lasceremo andare via col tridente. Ekim però, purtroppo, si sbaglia sul tuo conto; mi aveva assicurato che non eri nè crudele nè malvagio ma solo incapace di controllare la tua ambizione. Forse un tempo era così ... in te percepisco ancora la vaga presenza di nobili ideali e di sogni di giustizia. Oggi però nella tua anima c’è posto solo per una smodata sete di potere in nome della quale qualunque azione e qualunque mezzo ti appaiono leciti. Prendi dunque uomo ciò per cui sei venuto, prendilo e diventa re. Il tempo fortunatamente cancellerà ogni traccia di te, così come sempre avviene per chi antepone il potere ad ogni altra cosa. Adesso però vattene e non tornare, perché se lo farai, nonostante la tua magia, ogni gargoyle di questa isola ti combatterà.

Queste parole furono accompagnate da una potente ondata di emozioni. Disgusto, ribrezzo, ma anche pietà, colpirono Krondor come un pesante maglio ed in quegli istanti il mago poté vedere la propria anima messa a nudo, così come l’avevano vista gli occhi del gargoyle.

A lungo rimase completamente immobile, al centro della stanza, con il tridente in mano, dimentico di tutto ciò che lo circondava.

- Krondor dobbiamo andare - gli disse infine Lukken scuotendolo per un braccio - presto sarà l’alba -.

Ed i due, silenziosamente, si avviarono verso l’uscita.

 

Arrivarono alla spiaggia quando già il sole era alto nel cielo e per molte ore rimasero sdraiati sulla sabbia nel più assoluto silenzio. Al tramonto poi riattraversarono la barriera ed alle prime luci dell’alba del giorno successivo giunsero infine nel porto di Seltem . Ad attendere Krondor vi era la notizia della morte di Darren II  ed un trono che tanto aveva desiderato ma per cui, ora, sentiva di aver pagato un prezzo davvero troppo elevato.



[1] Impero elfico del sud.

[2] Termine di origine elfico con il quale si fa rimerimento ad un qualunque essere senziente.

[3] Fondatore, durante la guerra contro i beftradi, dell’ordine dei cavalieri psichici.