IL TRIDENTE DI FONSEG |
di |
GIANLUCA MARCHESELLI |
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10° classificato al Concorso "Comune di Courmayeur" edizione 1997 - sezione Fantasy |
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L’ennesimo tuono lo costrinse ad alzarsi dal letto. Non ne posso proprio più, pensò
cupamente Krondor tornando con la mente alla tremenda afa pomeridiana che aveva
acuito quel senso di malessere spirituale che da molto, troppo tempo albergava
in lui trasformandolo in una lacerante agonia. E poi ci si è messa anche Kay, aggiunse subito dopo.
Arrivato alla finestra aprì la tenda e respirò la fresca
aria notturna mentre frequenti lampi illuminavano il cielo.
- Perché mi sento così male? - si chiese fra sé per
l’ennesima volta, e con la mente tornò a tre anni prima, quando la sua vita era
alquanto più semplice e molto più felice. Allora viveva nel piccolo villaggio
di Fley ed assieme a Kay gestiva un negozio di artefatti magici.
Certo, in quei giorni era un misero mago di quarto livello,
esiliato dal regno di Imalainen, dov’era nato e cresciuto, e da tutti gli altri
regni umani del nord. Certo, allora era un piccolo ladro che per arricchirsi e
realizzare i suoi sogni rubava oggetti magici a tutti i nobili di Mant, ma
allora era anche pieno di progetti, di speranze e di sano entusiasmo.
Poi ... poi era arrivato Xur-or-Kal, imperatore di
Tarai-ran-Lek[1],
che aveva realizzato tutti i suoi sogni, ma che in cambio aveva richiesto un
prezzo davvero alto: il tradimento della razza umana!
Xur infatti era convinto che, se da secoli l’impero elfico
del sud tentava senza successo di conquistare i regni umani del nord era per via del maggior numero di armi
magiche che i nobili di questi possedevano. Una tale disparità era
assolutamente naturale se si considerava che tutti gli artefatti magici più
potenti risalivano all’epoca dei re-stregoni, e che questi erano stati quasi
totalmente umani; Xur aveva però deciso che era ora di modificare questa
situazione, ed aveva dunque ingaggiato Krondor affinché recuperasse il maggior
numero possibile di armi incantate.
Krondor ricordava ancora bene la sua prima missione che lo
aveva portato nelle oscure cripte del tempio di San Tullin per recuperare una
potentissima armatura nascostavi da Orth, un antico mago del decimo livello.
Per riuscire nell’impresa aveva dovuto combattere contro un mostro proveniente
dal mondo d’origine dei beftradi, gli antichi invasori dotati di incredibili
potere mentali, posto da Orth a guardia del suo tesoro.
Grazie a quella
impresa aveva realizzato tutti i vecchi sogni: aveva infatti recuperato un
proteus, ossia un potenziatore delle capacità magiche insite in ogni ash[2], di
ottavo livello, ed inoltre aveva ottenuto il titolo di duca di Tallor. In
quella missione tuttavia, aveva anche perso Sara, la maga che amava sin dai
tempi dell’accademia e che era stata mandata dalla corporazione dei maghi di
Dugarry per impedirgli di recuperare l’armatura.
Nella battaglia fra i due era stato Krondor a prevalere ma
ora tutto ciò che Sara provava per lui era disprezzo e disgusto; lei stessa
gliel’aveva detto, mentre i minotauri la conducevano in una prigione dove
sarebbe rimasta fino al recupero dell’armatura, e lui sapeva che non aveva
mentito.
Da allora Krondor aveva svolto molte altre missioni per
conto di Xur-or-Kal, fino a sei mesi prima, quando il loro rapporto si era
burrascosamente interrotto. Il motivo dell’attrito era molto semplice: Darren
II, il vecchio re di Mant, era ormai in fin di vita e non aveva eredi; Krondor
voleva quel trono, ma Xur non aveva alcuna intenzione di concederglielo.
L’imperatore aveva accampato scuse di vario genere per motivare il suo rifiuto,
ma Krondor sapeva bene il vero motivo: Xur voleva a capo di Mant un re debole
ed arrendevole e, conoscendolo, sapeva che lui non sarebbe mai stato un
fantoccio nelle sue mani.
Ad aggravare la situazione vi erano poi i problemi con Kay;
il loro rapporto era andato progressivamente deteriorandosi negli ultimi tre
anni, probabilmente da quando Kay si era accorta del legame che lo univa a
Sara. Ma d’altronde i rapporti tra elfe ed umani erano destinati a fallire in
modo quasi sistematico per via dell’odio che divideva le due razze, dell’impossibilità
di procreare e della differente lunghezza di vita delle due specie.
- Dovrei dare un taglio a questa relazione - pensò, e si
accorse che questo proposito si stava facendo sempre più frequente negli ultimi
mesi. Ma non era affatto facile metterlo in pratica; non solo perché il loro
rapporto durava ormai da oltre nove anni ed in fin dei conti sentiva di amarla
ancora, ma anche perché era desolatamente solo. Kay e Lukken erano infatti le sole persone che lui poteva considerare amiche (a
parte naturalmente Ekim che però abitava a migliaia di miglia di distanza).
- Ed infine - aggiunse Krondor, tornando a riflettere sulle
cause del suo malessere - c’è quel tarlo del nono livello: sono oppure no un
mago del nono livello?
Tre anni addietro, combattendo contro il guardiano Krondor
era infatti riuscito a lanciare un incantesimo del nono livello. Questo era un
evento assolutamente eccezionale; in passato si erano sentiti casi di maghi di
terzo o quarto livello che si scoprivano in grado d lanciare incantesimi del
livello superiore, ma mai un mago dell’ottavo era riuscito in un simile
tentativo.
Si era trattato dunque di un caso irripetibile, agevolato
dell’incredibile carica adrenalica indotta in lui dal combattimento, oppure era
davvero un mago del nono livello? Krondor non lo sapeva ma era consapevole
dell’importanza che poteva avere un’eventuale risposta positiva. Su Lusus
infatti tutti i maghi del nono e del decimo livello erano scomparsi da quando
Durm, il più grande mago mai vissuto, otto secoli prima aveva fatto scomparire
tutti i proteus più potenti, nella convinzione che l’eccessivo potere di cui i
maghi superiori disponevano avesse già causato troppi danni alla gente comune.
Essere in grado di lanciare gli incantesimi del nono
livello (o anche solo alcuni di essi) avrebbe dunque fatto di Krondor il più
potente mago vivente. Ma per trovare la risposta al dilemma vi era un solo
modo: provare di nuovo a gettare un incantesimo del nono livello. Krondor però,
sapendo che in caso di fallimento molto probabilmente sarebbe morto o avrebbe
riportato dei danni mentali molto seri, non aveva mai trovato il coraggio di
farlo, e da tre anni si macerava nel dubbio.
L’ennesimo lampo azzurrino, seguito da un potente boato lo
riscosse dai cupi pensieri in cui era caduto. Si girò per tornare a letto e
quasi senza accorgersene infilò la mano sotto la tunica di seta gialla che
indossava e prese il medaglione magico che Xur gli aveva donato.
- E’ tutta colpa tua, Xur - stava per dire rivolgendosi al
medaglione, quando si accorse che l’artefatto per la prima volta negli ultimi
sei mesi era caldo.
Bene,
a quanto pare gli ingranaggi stanno ricominciando a girare,
pensò mentre si sfilava dal collo la catena cui il medaglione era legato. Si
avvicinò al basso tavolino situato in un angolo della stanza, vicino ad una
grossa libreria, e posò sul legno il medaglione. Si sedette poi sulla poltrona
lì affianco ed infine, dopo un attimo di attesa, pronunciò un’arcana parola.
- Kaentar -
Subito dal medaglione proruppe un cono di abbagliante luce
biancoazzurra da cui emerse dopo pochi istanti il volto incorporeo di un
giovane elfo dalla pelle marrone scura, gli occhi rossi e corti capelli neri e
riccioluti. Il volto era leggermente affilato e segnato da due sottili baffetti
che gli conferivano un aspetto crudele.
- Salve Xur - disse quindi Krondor - è da molto che non vi
facevate più vivo.
- Salve Krondor, vedo con piacere che la tua arroganza non
è cambiata in questi mesi, spero che lo stesso valga anche per le tue capacità.
Ho una nuova missione da affidarti.
- Il mio prezzo non è cambiato dalla nostra ultima
conversazione - lo interruppe freddamente il mago.
- Dannazione Krondor, sei un lurido umano ingrato! - sbottò
l’imperatore - Speravo che in questi mesi ti fossi fatto più ragionevole, ma
evidentemente mi sbagliavo. Ti ho già spiegato che non spetta a me
l’indicazione del nuovo sovrano ma al consiglio dei duchi di Mant, di cui tu,
grazie a me, fai parte, ed allora si può sapere cosa altro vuoi?
- Voglio che la smettiate di prendermi in giro, sia io che
voi sappiamo benissimo che il consiglio dei duchi è solo una formalità; sarete
voi in realtà a scegliere il successore di Darren. Posso capire che non vi
garbi molto l’idea di mettermi sul trono di Mant, io non sarò certo quel re
fantoccio che voi desiderereste, ma per tutto quello che ho fatto in questi
anni sono convinto di meritarmi la corona, e finché non me la darete non avrete
più alcuna collaborazione da parte mia.
Xur fissò Krondor con i suoi occhi malevoli ed inquietanti
e con voce bassa e carica di odio disse: - Ti rendi conto con chi stai
parlando? Io sono Xur-or-Kal, imperatore di Tarai-ran-Lek, rappresentante su
Lusus di Yinz e Senx, tutto ciò che hai lo devi a me e con la stessa facilità
con cui ti ho dato un ducato potrei riprendermelo assieme alla tua vita ed a
quella di tutti coloro che ti sono cari.
Krondor senti un brivido freddo lungo la colonna
vertebrale, ma rimase comunque impassibile e replicò all’imperatore con la
stesso tono appena usato da questo:
- Non mi minacciate, Maestà, sapete bene quali siano le mia
capacità ed i miei poteri, e vi garantisco che se cercaste di farmi eliminare
io mi tramuterei nel vostro peggior nemico e, forse, sareste voi a perdere
tutto ciò che avete ottenuto dalla nostra collaborazione.
Un lungo silenzio seguì quelle parole, tanto che Krondor
era ormai giunto a credere che l’elfo avrebbe interrotto il collegamento quando
questi alla fine parlò nuovamente.
- Portami il tridente di Fonseg, ed avrai ciò che chiedi.
Krondor a quelle parole senti esplodere dentro di sé una
folle euforia, che si placò però quasi subito quando si rese pienamente conto
di ciò che gli era stato chiesto: recuperare il tridente di Fonseg era davvero
un’impresa al limite dell’impossibile!
- Non è una richiesta da poco, mio signore - disse quindi.
- Ti aspettavi forse qualcosa di diverso visto il prezzo
che richiedi? - ribatté però l’imperatore ed a quelle parole Krondor non trovò
nulla con cui replicare. Prima che Xur togliesse il collegamento magico Krondor
riprese però a parlare toccando un argomento che sapeva avrebbe ulteriormente
irritato il suo interlocutore, ma che comunque non poteva essere tralasciato.
- Mi dispiace dovervi infastidire ulteriormente, maestà -
iniziò - ma prima di intraprendere la pericolosa missione che mi avete affidato
ho bisogno che mi diate, così come faceste in occasione del nostro primo
incontro, la vostra parola, quale figlio di Yinz e Senx, che rispetterete
l’accordo.
Gli occhi di Xur avvamparono d’ira all’udire quella
richiesta così com’era avvenuto tre anni prima, la sua replica però fu pacata
ancorché minacciosa.
- Simili giuramenti hanno sempre un prezzo Krondor, come
dovresti ben ricordare. Sei sicuro dunque di essere disposto a subire tutte le
conseguenze di ciò che chiedi?
Krondor si ricordava benissimo di come tre anni prima Xur
oltre al giuramento da lui richiesto ne avesse pronunciato un
secondo in virtù del quale in caso di suo fallimento avrebbe fatto
torturare a morte Kay. All’udire quella minaccia si era profondamente
rammaricato per la sua sfrontatezza e per questo nei successivi anni non aveva
più richiesto alcun impegno solenne al sovrano. Ora però non aveva scelta; gli
elfi consideravano infatti gli umani una razza inferiore, e di conseguenza non
si ritenevano vincolati al rispetto dei patti presi con loro. Xur finora aveva
sempre tenuto fede agli accordi perché aveva ancora bisogno di lui, ma in
questa occasione il mago umano non era disposto a correre alcun rischio.
- Vorrei non essere costretto a chiedervi un simile impegno
Maestà - disse quindi - ma, ahimè, lo sono.
- Ho sempre ammirato la tua sfrontatezza - replicò quindi
un po' a sorpresa Xur - e forse è per questo che ti ho sopportato per tutti
questi anni; sia fatto dunque quanto chiedi. Io Xur-or-Kal, imperatore di
Tarai-ran-Lek , giuro sul nome di Yinz e Senx che se mi riporterai il tridente
di Fonseg ti farò nominare re di Mant; ma giuro anche che se userai tale potere
contro di me farò scorrere su Mant un fiume di sangue quale mai si è visto
nella storia.
- Spero che non mi deluderai Krondor, né adesso né in
futuro - aggiunse quindi Xur e subito dopo l’immagine del suo volto scomparve.
Krondor sospirando riprese il medaglione e se l’infilò al
collo. Anche stavolta la mia sfrontatezza
mi ha procurato una bella responsabilità. Una volta sul trono dovrò stare bene
attento a non ostacolarlo, pensò, cercando di immaginare cosa quell’elfo,
che aveva fatto uccidere il padre per sedere sul trono e successivamente
sterminare tutti i parenti, avrebbe potuto fare alla popolazione di Mant.
Subito immagini di stragi, di schiavitù, di stupri di massa e di torture si
fecero largo nella sua mente. Krondor scacciò però quei cupi pensieri e si
rinfilò nel letto accorgendosi, con stupore, che il suo malessere spirituale
era sparito. E prima di addormentarsi il suo ultimo pensiero andò al trono su
cui presto sarebbe seduto.
Il sole era ormai al tramonto e colorava il cielo di rosso
e viola quando Krondor si avvicinò ad una poltrona cui era posto dinanzi un
grosso specchio, alto circa due metri e largo la metà, incastonato in una
cornice d’oro massiccio.
Per tutto il giorno aveva cercato, inutilmente, in
polverosi volumi notizie, con una qualche attendibilità storica, sui gargoyles
e su Fonseg. Per fortuna c’è sempre Ekim,
pensò prima di sistemarsi comodamente nella poltrona e pronunciare un
incantesimo.
- Salve Ekim - disse non appena l’immagine di un grosso
minotauro comparve nello specchio - spero di non averti interrotto mentre stavi
facendo qualcosa di importante, ma è un sacco di tempo che non ci sentivamo
più. Come stai ?
- Sto bene Krondor - rispose il minotauro con una freddezza
che lasciò alquanto stupito il mago umano abituato ai suoi modi calorosi - e
spero che lo stesso valga anche per te.
- Sì, certo sto bene anch’io, anche se sto per
intraprendere una missione molto pericolosa che mi è stata appena affidata da
Xur: il recupero del tridente di Fonseg. Ho però bisogno di alcune informazioni
sui gargoyles e su quel vecchio mago umano.
- Mi dispiace, Krondor, ma non posso darti alcuna
informazione su questi argomenti ed in nome della nostra vecchia amicizia devo
chiederti di lasciare in pace i gargoyles.
Krondor rimase assolutamente stupefatto a quelle parole;
Ekim che gli rifiutava delle informazioni? Come era possibile? Ben presto però
lo stupore lasciò il posto all’ira e dopo pochi istanti sbottò:
- Dovrei lasciare in pace i gargoyles? Ma cosa stai
dicendo? Xur mi ha offerto il trono di Mant in cambio del tridente. Ti rendi
conto di cosa questo significhi?
- Sì, Krondor, me ne rendo conto, ma ciò nonostante ti
chiedo ancora di rifiutare la sua offerta. I gargoyles che vivono sull’isola di
Vastem hanno già sofferto molto nel
corso della loro storia; ora tutto ciò che essi chiedono dall’esistenza è di
essere lasciati in pace dalle altre razze di Lusus e noi minotauri, essendo
uniti a loro dalla comune fede verso Korgul, non ti permetteremo di
disturbarli.
Krondor si incupì sempre più all’udire quelle parole ed
alla fine, cercando con gran fatica di controllare la rabbia, disse - Voglio
parlare con Mor-tau.
I minuti che passarono servirono a Krondor per sbollire,
almeno parzialmente, l’ira che era montata in lui, e quando infine il volto
serio di Mor-tau, il braccio destro del patriarca del tempio, comparve nello
specchio, aveva ormai ritrovato la piena padronanza dei suoi nervi.
- Salve Mor-tau - iniziò con tono deciso - sei al corrente
del problema che è sorto tra me ed Ekim ?
- Si, ne sono stato informato e ti devo dire che condivido
il suo atteggiamento.
- Devo dunque dedurre che è solamente una leggenda il
proverbiale senso dell’onore dei minotauri. Quando tre anni fa recuperai per
voi lo scudo di Korgul, se non ricordo male, tu stesso mi giurasti che,
ogniqualvolta avessi avuto bisogno di informazioni in vostro possesso, me le avreste
date. Con questo rifiuto stai mancando alla tua parola, te ne rendi conto ?
Mor-tau reagì a quelle parole con un doloroso,
interminabile silenzio. In quei lunghi istanti il suo animo fu lacerato da un
conflitto quale mai aveva dovuto affrontare in tutta la sua lunga esistenza.
Con tutto il suo essere cercò un modo per aggirare il giuramento e mandare
all’inferno quell’arrogante umano, ma non ne trovò alcuno; tradire Krondor
significava infatti tradire se stesso e soprattutto Korgul.
Krondor riuscì a leggere perfettamente negli occhi
solitamente imperscrutabili del minotauro il tormento interiore che
l’affliggeva, ed una parte di lui gli gridò di smetterla, di seguire il
consiglio di Ekim e di rinunciare a quella missione, ma la bramosìa per il trono
fu troppo forte e lui rimase quindi in silenzio in attesa della decisione
dell’alto sacerdote.
- Bene, umano - disse infine questi - eccoti la storia che
tanto ti interessa. I gargoyles ...
- No Mor-tau, non possiamo ... non è giusto - lo interruppe
Ekim, che non era visibile nello specchio di Krondor ma che evidentemente era
rimasto nelle vicinanze.
- Non abbiamo altra scelta, purtroppo, Ekim. Nella nostra
storia non siamo mai venuti meno ad un giuramento e non lo faremo neppure
stavolta.
Un breve pausa seguì quelle parole, poi il minotauro iniziò
la sua narrazione.
- I gargoyles, così come narrano le leggende popolari, non
sono originari di Lusus, ma di un altro mondo, altrettanto bello e molto
lontano. Questo, a quanto essi dicono, è molto simile al nostro con una sola
differenza significativa: l’assenza di lune. Su tale mondo i gargoyles si sono
sviluppati in piena armonia con la natura e con gli altri esseri intelligenti
che lo popolavano.
Agli occhi di voi umani essi possono sembrare dei demoni,
con i loro occhi rossi senza iride né pupilla, le grosse ali da pippistrello,
la pelle blu ed incredibilmente spessa e la lunga coda, ma in realtà la loro è
una delle razze più pacifiche ed onorevoli che mai si siano viste in questo
universo dagli innumerevoli mondi.
La loro armonia con ogni forma di vita è tale che per
sostenersi non devono infierire su nessuna forma di vita, né animale né
vegetale. I gargoyles traggono infatti la loro energia vitale dalla luce del
sole. Ciò avviene attraverso un portentoso processo in virtù del quale non
appena sorge il sole i loro muscoli si irrigidiscono, la loro pelle diventa
dura come la pietra e la loro anima si perde nel mare dell’incoscienza. Ed in
questo stato il loro corpo riesce ad accumulare le incredibili energie necessarie
a muovere, non appena il sole tramonta,
i loro possenti muscoli e per permettere loro di solcare i cieli.
Per millenni i gargoyles vissero nel loro mondo, che essi
chiamano Yirth, ed in questi anni conobbero la parola di Korgul e ne divennero
i più fedeli seguaci. Questo stato idilliaco ebbe termine però alcuni secoli fa
quando una razza potente e sconosciuta, proveniente da un altro mondo invase
Yirth tramite un canale magico.
I gargoyles si trovarono a questo punto di fronte ad un
dilemma dilaniante: Korgul infatti insegna che, sebbene non vi sia alcuna
malvagità in chi uccide per difendersi, chi vuole vivere in piena armonia con
se stesso e l’universo deve rifiutare la violenza, sempre ed in ogni
circostanza. La maggior parte dei gargoyles decise comunque di unirsi alle
altre razze senzienti di Yirth nella difesa del loro mondo, ma un piccolo
gruppo di loro scelse però di fuggire.
E così ottocentoventisei gargoyles, guidati da una potente
maga di nome Kajahit, si trasferirono sull’isola di Vasten nel nostro mondo.
Questo, come già ti ho detto, era simile in tutto e per tutto al loro, con una
sola importante differenza: la presenza nel cielo delle lune. Kajahit ritenne
che questa fosse una differenza irrilevante, ma si sbagliava, ed il suo fu un grave
errore.
I gargoyles arrivarono su Vasten nel pieno della notte e
subito Kajahit si accorse che qualcosa non stava andando nel verso dovuto, lei
e le altre femmine si sentivano infatti straordinariamente deboli. Poiché però
i maschi non avvertivano alcun problema la maga decise di aspettare qualche
giorno prima di cercare eventualmente un altro mondo. E questo fu il suo
secondo, tragico errore. Quando al mattino sorse il sole, infatti, le femmine
non subirono la loro consueta metamorfosi. Rimasero sveglie ed attonite mentre
i loro compagni divenivano simili a statue. E, prima ancora di riprendersi
dallo stupore, scoprirono quanto il sole potesse essere un nemico implacabile.
I loro occhi abituati al buio rimasero infatti subito
accecati, la loro pelle iniziò a bruciare, e le più deboli del gruppo,
tra cui purtroppo vi era anche Kajahit, ancora spossata dall’incantesimo appena
effettuato, perirono in pochi minuti.
Le più fortunate invece riuscirono a trovare riparo in
alcune grotte e lì, al tramonto, subirono la trasformazione che i loro compagni
avevano subito, come sempre, all’alba, scoprendo così che le pallide lune di
Lusus aveva invertito il loro ciclo vitale. Questo si rivelò un grave problema;
non solo perché così erano per sempre separate dai loro compagni, ma anche
perché la fredda luce delle lune era insufficiente a fornire loro le energie
necessarie per sopravvivere.
I gargoyles avrebbero ora voluto tornare in patria, ma
purtroppo Kajahit era morta e nessun altro mago del gruppo era sufficientemente
potente per aprire un portale tra i due mondi.
Quelli per loro furono i giorni della disperazione e dello
sconforto, tanto che alcuni giunsero perfino a ripudiare Korgul.
Nel frattempo gli umani che vivevano su Vasten iniziarono a
notare la presenza di strani esseri incredibilmente simili ai demoni di cui
tanto parlavano i sacerdoti di Paentar. Queste voci giunsero infine alle
orecchie del cardinal Jonas Nelisse, fratello di Kyle II, allora principe
dell’isola, ed il prelato sostenne che quei mostri erano realmente demoni,
liberati da Yinz e Senx, gli dei elfi, dall’inferno creato da Paentar per
punire gli umani che in vita non avevano seguito le sue leggi.
Nove giorni dopo il loro arrivo su Lusus i gargoyles furono
quindi attaccati da ogni uomo presente sull’isola in
grado di combattere. E stavolta i gargoyles reagirono!
Solo centosessantanove di loro decisero di combattere, ma
nonostante la loro esiguità riuscirono a sconfiggere l’esercito umano che
contava ben settemila uomini. Ed in quella battaglia solo tre gargoyle morirono
mentre tra le file umane si verificò una vera strage.
Forse adesso starai pensando che ciò che ti ho appena
narrato sia soltanto una leggenda, ma non è così; i gargoyles sono infatti nati
per combattere; la loro forza è inaudibile, i loro artigli capaci di squarciare
qualunque armatura, la loro pelle tanto dura da essere quasi impenetrabile, ed
inoltre la loro velocità, nonostante la mole possente, non ha eguali su tutta
Lusus. Ed oltre a ciò i gargoyles dispongono di tre armi davvero potenti: la
loro coda, le loro corna e la loro mente.
Sottilissimi aghi, impregnati di una sostanza organica,
ricoprono infatti la parte terminale della loro coda, e questi aghi, che
possono essere lanciati dai gargoyles a piacimento, tramutano qualsiasi
bersaglio in pietra. Le corna sono poi in grado di emettere dei lampi di
energia pura talmente potenti da incenerire qualunque ash. Ed infine vi è la
loro arma più potente: la mente! I gargoyles sono infatti dotati del potere
dell’empatia, sono in grado cioè di trasmettere emozioni a chi sta loro vicino,
ed in battaglia essi utilizzano questa facoltà per incutere timore e
disperazione nei loro avversari. E’ una vera fortuna dunque che una razza tanto
potente sia anche tanto pacifica!.
Tornando alla narrazione degli eventi, comunque, i pochi
umani che sopravvissero alla battaglia fuggirono dall’isola trovando rifugio
nell’antico regno di Fezzig, situato nella
zona nord-occidentale dell’attuale Mant, sul cui trono regnava allora
Faomin, un potente re-stregone in lotta da oltre trent’anni con gli altri maghi
della regione per il controllo dell’intera Mant.
Faomin accolse i profughi, dando loro un alloggio ed alcuni
piccoli appezzamenti da coltivare, ma subito mise in chiaro che non aveva
alcuna intenzione di agire contro gli invasori finché questi si fossero
limitati ad occupare Vastem.
I profughi tuttavia si rivolsero anche alla Chiesa, ed il
sommo patriarca di Dugarry iniziò ben presto a far pressione su Faomin, il
quale alla fine decise di mandare suo fratello, Fonseg, ad investigare e, se
possibile, risolvere il problema.
Fonseg era un potentissimo mago, forse il più potente
dell’epoca. Al contrario degli altri stregoni però non era mai stato attratto
dal potere materiale e si era dedicato unicamente alla magia. E, come i
gargoyles, era un essere paradossale: era infatti uno straordinario costruttore
di armi magiche, che però, poiché amante della pace, negava a tutti, compreso
il fratello.
Il mago umano accettò comunque di buon grado l’incarico
affidatogli dal fratello e dalla Chiesa e, novantasei giorni dopo l’arrivo dei
gargoyles su Lusus, partì dal porto di Seltem, ben determinato a distruggere
quegli ash che la Chiesa riteneva demoni. Ed a tale scopo portò con sé una
misteriosa arma di sua creazione a forma di tridente.
Non appena però mise piede su Vastem il suo atteggiamento
cambiò; l’isola infatti, a causa dell’empatia dei gargoyles, era letteralmente
impregnata delle loro emozioni, ed il vecchio mago poté così percepire la
nobiltà, l’amore per la pace e per ogni forma di vita e l’immenso dolore del
popolo che era venuto a combattere. Fonseg divenne quindi l’unico amico che i
gargoyles avessero su Lusus e cercò con tutti i suoi mezzi di aiutarli. E così,
quando tre mesi più tardi, in una giornata grigia e nuvolosa, decine e decine
di imbarcazioni cariche di soldati si profilarono all’orizzonte, Fonseg salì
sulla torre più alta dell’unico castello dell’isola con in un pugno il suo
tridente.
- Io sono Fonseg e non vi permetterò di mettere piede su
quest’isola. Girate le vostre barche ed andatevene - gridò e la sua voce,
grazie ad un incantesimo, fu udita da ogni soldato e da ogni marinaio anche se
le relative imbarcazioni distavano ancora più di un miglio dalla costa.
Le navi tuttavia trasgedirono il suo ordine e continuarono
ad avanzare. Dopo alcuni minuti perciò il mago sollevò il tridente e lo puntò
contro una di queste e subito da esso proruppe un abbagliante lampo di luce
verde che colpì il distante bersaglio distruggendolo completamente. Nei successivi
minuti altre due imbarcazioni furono affondate da Fonseg ed alla fine la flotta
nemica invertìi la propria direzione e scomparve all’orizzonte.
Fonseg si occupò allora del problema costituito dalle
femmine gargoyles; queste infatti a causa dell’insufficiente energia fornita
loro dalle lune erano tutte debolissime ed ormai prossime alla morte. L’unica
soluzione che il mago riuscì a trovare fu però estremamente dolorosa per i
maschi; Fonseg infatti dovette rendere permanente lo stato di riposo delle femmine
e ciò significa che da oltre ottocento anni il loro corpo è rimasto freddo,
rigido, incosciente ed immobile esattamente come quello di una statua. Ed in
questi ottocento anni non c’è stato giorno in cui l’anima di ogni maschio del
gruppo non sia stato lacerato da un dolore tanto profondo da risultare
totalmente incomprensibile alla tua mente ed a quella della quasi totalità
degli abitanti di Lusus.
Nel frattempo nei regni umani la Chiesa ricominciò a
sobillare il popolo contro i demoni invasori, e Fonseg per non essere costretto
ad affrontare una nuova crociata, eresse, intorno all’isola, una possente
barriera magica che da allora impedisce l’accesso a Vastem ad ogni essere
senziente.
Fonseg infine iniziò a cercare un mondo dove i Gargoyles
potessero vivere in pace, ma il mago, ormai peraltro molto anziano, morì
improvvisamente, a causa di un potentissimo incantesimo gettato da ben otto
maghi del decimo livello contemporaneamente, prima di essere riuscito in questo
compito.
I gargoyles deposero allora il suo corpo ed tridente in una
teca di cristallo, costruita dallo stesso Fonseg, e portarono poi la teca nella
cripta del castello, in cui a causa di incantesimo è possibile entrare ed
uscire solo nelle ore notturne; ed è lì che ancora oggi si trova il tridente.
Questa dunque è la storia dei gargoyles ed ora che la
conosci Krondor mi auguro che ti asterrai dall’arrecare ulteriori sofferenze a
questo nobile popolo. -
Krondor, che aveva ascoltato la storia nel più rigoroso
silenzio, era in effetti rimasto alquanto scosso dalla narrazione del minotauro
ed in silenzio rimase per alcuni istanti cercando di decidere se era il caso di
rinunciare alla missione.
- Mi dispiace sinceramente del triste destino che ha
colpito i gargoyles - disse infine - ma questo non cambia la situazione; il
trono è troppo importante ed inoltre non è ammissibile che un’arma
straordinaria quale il tridente rimanga per l’eternità in una bara per sole
ragioni sentimentali.
- Adesso però - riprese dopo alcuni istanti - mi serve
un’ultima informazione: come posso oltrepassare la barriera di Fonseg?
Mor-tau trasse un profondo respiro prima di rispondere.
- A quel che sò - disse poi - la barriera è stata costruita
unendo al potere magico di Fonseg quello empatico dei gargoyles. E’ una
barriera incredibilmente potente che agisce sia sul piano fisico che su quello
psichico. Tuttavia anch’essa ha un punto debole; al tramonto, quando i maschi
si risvegliano dal loro sonno, per alcuni istanti si indebolisce, ed in quegli
istanti è possibile che un mago, se coadiuvato da un cavaliere psichico, riesca
ad oltrepassarla.
- Ti ringrazio Mor-tau -disse quindi il mago - mi sei
stato, come sempre, molto utile, e sono lieto di avere constato che il senso
dell’onore dei minotauri è davvero grande - e cosi dicendo disattivò il
collegamento. Subito dopo contattò Lukken.
Quella stessa notte nel lontano tempio di Korgul si tenne
una riunione a cui nessuno dei partecipanti avrebbe mai voluto prendere parte.
- Non possiamo lasciare che Krondor derubi i gargoyles. -
disse Ekim - Dobbiamo avvertirli in modo che possano fermarlo.
- Ma così facendo tradiremmo Krondor e con ciò il nostro
giuramento - ribatté Mor-tau.
- Noi abbiamo giurato di dargli tutte le informazioni che
ci avrebbe richiesto, e così abbiamo fatto; ora però dobbiamo fermarlo -
- E’ giusto - intervenne Lon-tir, sommo patriarca del
tempio di Korgul - il giuramento è stato rispettato e,anche se è doloroso
tradire Krondor, dobbiamo avvertire i gargoyles. Per favore Ekim occupatene tu.
- Come desideri Lon-tir.
Krondor e Lukken partirono dal porto di Seltem, a bordo di
una piccola imbarcazione, appena spuntato il sole. Con loro a bordo vi erano
solo due cavalli, che Krondor aveva addormentato con un incantesimo. Di comune
accordo avevano deciso di rinunciare ad un equipaggio, che era loro totalmente
inutile visto le loro passate esperienze in mare a bordo delle navi dei pirati
di Kash-Antir.
Lukken era particolarmente silenzioso quella mattina, notò
Krondor, ma d’altronde era da quando gli aveva chiesto di aiutarlo che il
cavaliere non era più del suo solito umore gioioso e spensierato. Lukken
infatti aveva subito letto nella mente dell’amico, la storia dei gargoyles, e
Krondor aveva trovato notevoli difficoltà a convincerlo. Solo in nome della
loro vecchia amicizia, che durava ormai da oltre dieci, da quando Lukken lo
aveva aiutato a fuggire dal regno di Dugarry subito dopo la sua espulsione
dall’accademia, vi era riuscito. Ma la riottosità dell’amico, in genere sempre
pronto a gettarsi in nuove avventure, aveva lasciato ulteriori dubbi nell’animo
del mago.
La traversata fino all’isola di Fezzig richiese una dozzina
di ore, durante le quali i due si scambiarono solo poche parole limitandosi a
godere del caldo sole estivo.
Arrivarono nelle vicinanze di Fezzig circa un’ora prima del
tramonto, aspettando il quale Krondor fece compiere alla barca un intero giro
dell’isola. Più volte in quell’ora sfiorarono la barriera e subito il mare si
fece molto mosso e la loro mente fu invasa da immagini di morte e di demoni.
-Se l’intensità della barriera non si ridurrà al tramonto
sarà impossibile oltrepassarla - disse Lukken dopo che l’ebbero sfiorata per la
seconda volta.
- Si ridurrà, non ti preoccupare - replicò Krondor, che
tuttavia era meno calmo di quanto voleva apparire; le immagini che la barriera
proiettava nella mente erano infatti di una tale intensità da far scoppiare il
cuore di un uomo in pochi momenti.
Quando finalmente il sole scomparve all’orizzonte Krondor
puntò nuovamente verso l’isola. Di nuovo il mare ricominciò ad agitarsi e
immagini da incubo si riversarono nelle loro menti. Stavolta però l’intensità
dell’attacco risultò leggermente inferiore ai precedenti tentativi ed i due
decisero quindi di proseguire. Pochi istanti dopo le immagini di demoni, sangue
e morte iniziarono a farsi più sfuocate e meno credibili grazie ad uno schermo
mentale generato da Lukken; Krondor tuttavia non si accorse quasi della
differenza impegnato com’era a cercare di tenere a bada l’imbarcazione che a
causa delle onde sempre più alte fu più volte sul punto di rovesciarsi.
Nei pochi minuti necessari ad oltrepassare la barriera, che
ai due sembrarono comunque durare un’eternità, molte volte l’imbarcazione
sembrò essere fuori controllo e molte volte gli incubi tornarono a farsi più
vivi e più angoscianti; alla fine comunque Krondor e Lukken riuscirono a
passare, e si ritrovarono a poche decine di metri dalla costa. I due scesero
quindi dalla nave e la trascinarono fino a riva dopodiché si lasciarano cadere,
distrutti, sulla spiaggia sabbiosa.
Per parecchi minuti rimasero sdraiati, ansimanti e
sconvolti, cercando di cancellare dalle loro menti la prova che avevano appena
dovuto superare. Fu Krondor, alla fine, il primo a ritrovare le forze
sufficienti per alzarsi e dirigersi verso la barca. Mentre muoveva quei pochi
passi si accorse però di un fatto che la sua mente spossata non aveva ancora,
fino ad allora, pienamente percepito: dal momento in cui avevano oltrepassato
la barriera un fiume di emozioni e di immagini dolorose si era riversato in
lui. Ricordi di un mondo perduto, un dolore infinito e lacerante, l’affettuoso
e malinconico ricordo di un vecchio umano, la nostalgia per le compagne
perdute, il cupo rimorso per una battaglia combattuta ormai da molti secoli e
molte altre sensazioni sembravano impregnare l’aria stessa.
L’intensità delle emozioni era tale da non consentire in
pratica ai due uomini di pensare, potevano solo annegare in quel mare di
ricordi e di disperazione. Solo dopo numerosi tentativi Krondor riuscì a
muoversi ed a raggiungere la barca. Una volta a bordo prelevò una piccola
scatola di legno e tornò a sedersi sulla spiaggia. Dalla scatola estrasse poi
due piccole boccette di vetro contenti un fluido azzurrino che aveva preparato
il giorno precedente. Il mago stappò la prima boccetta e bevve con avidità il
suo contenuto e, dopo solo pochi istanti, sentì rifluire in lui le energie
perdute. Dopodiché anche Lukken bevve la pozione e potè quindi creare uno
schermo mentale che isolò le loro menti dalle emozioni dei gargoyles.
Finalmente in grado di pensare liberamente i due poterono
cercare con lo sguardo il castello che si ergeva su una collinetta al centro
dell’isola, e poterono così ammirare decine e decine di enormi esseri che
volavano tra le torri del maniero illuminati dalla luce di Leukra, la luna
azzurra, Rossen, la luna rossa, e Astel, la luna bianca.
- Dobbiamo andare - disse quindi Krondor, distogliendo lo
sguardo dallo spettacolo e ritornando all’imbarcazione dove svegliò i due
cavalli. Le bestie diedero subito segni di enorme nervosismo e Lukken dovette
intervenire con i suoi poteri per calmarle.
I due salirono quindi in sella e, dopo che il mago ebbe
occultato con un incantesimo l’imbarcazione e loro stessi, si misero in cammino
su una strada che ormai da secoli non doveva più essere stata usata.
Dannazione
pensò Krondor guardando le lune nel cielo abbiamo
già perso troppo
tempo. Se è vero
che nella cripta
è possibile entrare ed uscire solo nelle ore notturne, abbiamo a
disposizione ancora solo poche ore per rubare il tridente.
Dopo circa tre ore di cavalcata ad un ritmo alquanto
sostenuto, i due arrivarono, finalmente, in vista delle porte del castello, che
erano fortunatamente aperte. Sopra di loro, incuranti dei due uomini, centinaia
di gargoyles volavano e giocavano nel cielo. Visti da vicino, notò Krondor,
sembravano davvero enormi ed inquietanti.
- Guarda sulle mura - bisbigliò Lukken, quando erano ormai
a poche decine di metri dalle porte, ed il mago alzando lo sguardo vide
centinaia di statue dalle fattezze simili a quelle dei mostri che volavano
sulle loro teste. Sapendo che quelle erano le femmine e ricordando il dolore
dei maschi l’anima di Krondor fu nuovamente invasa da una profonda tristezza e
per un attimo desiderò di aver dato retta ai minotauri, ma nonostante ciò
riprese a muoversi ed attraversò le porte.
Ci vollero circa dieci minuti per attraversare quello che
un tempo doveva essere stato il giardino del castello e per giungere infine
davanti all’imponente mastio collocato al centro della cinta muraria. Le spesse
porte di legno erano chiuse, ma fortunatamente non erano sbarrate ed i due
poterono così aprirle ed otrepassarle con facilità.
Si ritrovarono in un
corridoio buio e dall’aria pesante. Krondor pronunciò allora un incantesimo in
reazione al quale comparve a mezza altezza, davanti a loro, un fuoco fatuo
azzurro. Iniziarono quindi a percorrere il corridoio, il cui pavimento era
ricoperto da uno spesso strato di polvere e sporcizia, e, dopo aver svoltato una volta a sinistra ed avere
oltrepassato una vecchia armatura arrugginita appesa ad una parete, trovarono
una scala che portava ai piani
inferiori. Krondor si concentrò per
alcuni istanti e subito percepì, proveniente dal basso, il forte richiamo dalla
magia del tridente.
I due iniziarono allora a scendere i gradini stretti ed
alquanto scivolosi, sempre guidati dal fuoco azzurro, e, dopo avere
oltrepassato decine di enormi ragnatele che ostruivano completamente il
passaggio, sbucarono in un nuovo corridoio estremamente umido e freddo. Dopo
pochi metri incontrarono una nuova scala che conduceva in basso, ma Krondor
fece segno a Lukken di proseguire in quanto sentiva che il tridente si trovava
al loro livello.
Il tunnel proseguì per alcune decine di metri per poi
svoltare a destra, ed una volta girato l’angolo e due umani si trovarono di
fronte ad un arco di pietra che portava ad un’ampia sala. Sull’arco erano
incise rune antiche da cui proveniva un’incredibile sensazione di potere e
Krondor, dopo averle esaminate brevemente, giunse alla conclusione che Mor-tau
non si era sbagliato: quell’arco poteva essere oltrepassato solo nelle ore
notturne. Se non fossero riusciti ad uscire prima dell’alba sarebbero dunque
rimasti intrappolati nella stanza fino al tramonto successivo. Krondor rabbrividì
all’idea ma cercò di farsi forza ed oltrepassò l’arco a passo spedito, subito
seguito da Lukken.
Si ritrovarono in una stanza ampia ed alta, con il soffitto
a volta, al cui centro, posata su un blocco di marmo bianco, giaceva una teca
di cristallo trasparente da cui fuoriusciva una pallida luce verde. In
lontananza, lungo le pareti, si potevano vedere altre tombe in pietra grigia, e
tutta la stanza era costellata da grosse colonne a basa quadrata che si
innalzavano fino al soffitto.
Krondor e Lukken una volta avvicinatisi alla teca ne
osservarono il contenuto: il corpo, perfettamente conservato, di un uomo
minuto, praticamente calvo e con una folta e lunga barba bianca. Sul petto
dell’uomo era posato l’oggetto della loro ricerca: un tridente dal lungo manico
di oro purissimo finemente intarsiato da rune magiche che terminava in tre
punte, formate da una strana pietra verde leggermente fosforescente. Krondor
focalizzò la propria concentrazione sull’arma e rimase assolutamente
esterrefatto dalla potenza che da essa promanava; senza alcun dubbio quello era
l’artefatto più potente che avesse mai visto.
Cosa
darei per sapere dove Fonseg ha nascosto tutte le sue armi pensò
Lukken amaramente ben sapendo che nessuno - a quanto sembrava neppure i
minotauri - conosceva dove queste fossero state riposte. Accantonando con
irritazione quel pensiero Krondor tornò ad occuparsi del tridente.
Iniziò quindi a girare intorno alla teca esaminandola con
attenzione alla ricerca della serratura. Fece un primo giro, poi un secondo ed
... un terzo. Alla fine dovette però arrendersi all’evidenza: non vi era alcuna
serratura, la teca sembrava formata da un blocco unico di cristallo.
Ma
come diavolo è possibile? Be, non importa, vorrà dire che ricorrerò alla forza.
Ma
così facendo non rischi di attirare l’attenzione dei gargoyles?, intervenne
mentalmente Lukken.
Spero
proprio di no.
Dopo che Lukken si fu allontanato iniziò quindi ad
accumulare energia magica che, senza alcuno sforzo apparente, rilasciò poi in
un abbagliante fulmine che, partendo dalla sua mano destra alzata, andò a
colpire la teca.
Quando i suoi occhi, che erano rimasti abbigliati
dall’esplosione, si furono ripresi guardò la bara e ... dovette fare un enorme
sforzo per credere al messaggio che questi stavano inviando al suo cervello: la
teca era assolutamente intatta e non sembrava aver subito alcun danno.
E
adesso cosa faccio? Mi rimane poco tempo, devo trovare qualcosa, non posso fallire, ... il
trono è troppo importante ... devo sbrigarmi ... non voglio
rimanere intrappolato qui
dentro ... cosa posso ... Potrei provare un incantesimo del nono livello ... ma
è troppo rischioso ... se fallissi potrei ... ma se non provo come ... Basta!
Con uno sforzo di volontà cercò di scacciare dalla propria
anima l’angoscia e l’ansia che in essa si erano insediate e di ritrovare la
calma indispensabile per poter ragionare.
- Sei sicuro che non si tratti di un’illusione? - chiese
quindi al cavaliere di Karnak[3].
- Assolutamente. - rispose questi con sicurezza - Sai bene
che noi cavalieri psichici possiamo individuare un’illusione, anche se creata
da un mago del decimo livello, senza alcun problema, e ti posso garantire che
questa teca è assolutamente reale -.
- Allora riproviamo con la magia - disse il mago che
avvicinandosi alla teca pronunciò un altro incantesimo che avrebbe dovuto
modificare la struttura fisica della teca in modo da renderla incorporea e quindi penetrabile dalla materia. Allungò
quindi la mano verso la struttura di cristallo, convinto che stavolta tutto
sarebbe andato per il verso giusto, ma subito essa si scontro contro la fredda
pietra trasparente che racchiudeva il vecchio mago.
- Maledizione - gridò. - Vista la situazione - riprese dopo
pochi istanti rivolgendosi a Lukken - non ci rimane altra scelta che portare
via l’intera teca e cercare il modo per aprirla una volta che saremo a casa -.
Pronunciò quindi un incantesimo in risposta al quale la
teca ed il blocco di marmo sottostante iniziarono a fluttuare a mezz’aria.
NOOOOOOO!
Un boato esplose improvvisamente direttamente nella mente
dei due uomini stordendoli profondamente e subito dopo due gargoyles sbucarono
da dietro una delle colonne lanciandosi contro i due ladri. Krondor rimase per
alcune frazioni di secondo come paralizzato di fronte a quei due enormi
bestioni dalla pelle azzurra-violastra che correvano, a quattro zampe, verso di
loro a folle velocità. Le corna di uno iniziarono poi a brillare e subito dopo
generarono un lampo bianco-azzurro che Krondor riuscì però a deviare con uno
scudo magico eretto frettolosamente. L’impatto fu comunque talmente violento da
scagliarli indietro di parecchi metri.
Prima ancora di rialzarsi Krondor, vedendo i due gargoyles
ormai vicinissimi, lanciò contro di loro un’enorme sfera di fuoco rosso. I due
emisero un agghiacciante ululato mentale quando furono investiti dalla sfera,
ma quando ne riemersero erano ancora incredibilmente vivi e non sembravano
neppure feriti.
Le corna dei due mostri iniziarono quindi nuovamente a
brillare e, contemporaneamente, le menti dei due uomini furono invase da un
terrore cupo, assoluto e paralizzante. Krondor però, così come già era accaduto
tre anni prima, reagì a quel terrore totale accantonando ogni prudenza e, dopo
aver raccolto in un solo istante tutta l’energia magica che poteva
immagazzinare, scagliò contro i due aggressori un potentissimo fiume di energia
generato da un incantesimo del nono livello. I due furono colpiti in pieno
dall’incantesimo e scagliati contro una parete distante almeno quaranta metri.
Uno di essi rimase a terra immobile, l’altro, seppur barcollante, dopo alcuni
istanti si rialzò e ricominciò a muoversi verso i due uomini.
Basta!
Fermati Sanzankalo! Già troppa violenza stanotte ha disturbato il
riposo di Fonseg intervenne a quel punto una voce mentale antica ed
autoritaria. Subito dopo un gargoyle emerse da dietro una delle tombe di
pietra, seguito immediatamente da numerosi altri mostri dalla pelle blu. Il
gargoyle che aveva interrotto lo scontro era alquanto vecchio, con la pelle che
più che al blu tendeva ormai al grigio ed il volto solcato da profonde rughe.
Camminando lentamente si avvicinò alla teca, dinanzi a cui poi si fermò e
formulò, fissando il cadavere del vecchio mago, un semplice pensiero.
Perdonami
Fonseg, vecchio amico.
Subito dopo le sue mani artigliate si mossero verso il
cristallo della teca attraversandolo come se non esistesse, per poi chiudersi
intorno al manico del tridente e trascinare fuori dalla bara la potente arma.
Prendi
uomo, disse quindi lanciando a Krondor il tridente, prendi il tridente e vattene. Abbiamo
promesso ad Ekim che avremmo cercato di non ucciderti; ma dato che questo
sembra essere l’unico modo per fermarti, in nome dell’amicizia che lui prova
per te, ti lasceremo andare via col tridente. Ekim però, purtroppo, si sbaglia
sul tuo conto; mi aveva assicurato che non eri nè crudele nè malvagio ma solo
incapace di controllare la tua ambizione. Forse un tempo era così ... in te
percepisco ancora la vaga presenza di nobili ideali e di sogni di giustizia.
Oggi però nella tua anima c’è posto solo per una smodata sete di potere in nome
della quale qualunque azione e qualunque mezzo ti appaiono leciti. Prendi
dunque uomo ciò per cui sei venuto, prendilo e diventa re. Il tempo
fortunatamente cancellerà ogni traccia di te, così come sempre avviene per chi
antepone il potere ad ogni altra cosa. Adesso però vattene e non tornare,
perché se lo farai, nonostante la tua magia, ogni gargoyle di questa isola ti
combatterà.
Queste parole furono accompagnate da una potente ondata di
emozioni. Disgusto, ribrezzo, ma anche pietà, colpirono Krondor come un pesante
maglio ed in quegli istanti il mago poté vedere la propria anima messa a nudo,
così come l’avevano vista gli occhi del gargoyle.
A lungo rimase completamente immobile, al centro della
stanza, con il tridente in mano, dimentico di tutto ciò che lo circondava.
- Krondor dobbiamo andare - gli disse infine Lukken
scuotendolo per un braccio - presto sarà l’alba -.
Ed i due, silenziosamente, si avviarono verso l’uscita.
Arrivarono alla spiaggia quando già il sole era alto nel
cielo e per molte ore rimasero sdraiati sulla sabbia nel più assoluto silenzio.
Al tramonto poi riattraversarono la barriera ed alle prime luci dell’alba del
giorno successivo giunsero infine nel porto di Seltem . Ad attendere Krondor vi
era la notizia della morte di Darren II
ed un trono che tanto aveva desiderato ma per cui, ora, sentiva di aver
pagato un prezzo davvero troppo elevato.