IL TELETRASPORTO DEL MAIS

di

GIANLUCA MARCHESELLI

 


 

Racconto pubblicato sul numero 2/2002 della fanzine "FONDAZIONE"

 


 

 

 

Oliver VanBrust si fermò per alcuni istanti davanti alla finestra del suo ufficio che dava sull’astroporto. Mentre il sole tramontava, in lontananza si intravvedevano le luci di posizione rosse e azzurre di una navetta che stava atterrando, un evento che si ripeteva senza sosta, per migliaia di volte nell’arco della giornata, lì come in centinaia di altre città.

E tutto questo, forse, stava per finire. Pochi giorni e loro sarebbero stati solamente storia.

-          Presidente, una chiamata dalla Luna – squillò all’improvviso la voce della segretaria riportandolo bruscamente alla realtà.

Con un sospiro VanBrust, tornò alla sua scrivania e si lasciò cadere sulla sua imponente poltrona di pelle.

-          Me la passi pure, Maggie – disse quindi dopo un istante passato inutilmente a cercare una qualche scusa per non rispondere alla chiamata.

-          Allora Presidente, ci sono novità ? – iniziò decisa Laura Wells, Presidente della sezione Lunare della Corporazione Confederale Unica dei Trasporti.

-          No, Laura, naturalmente non c’è sono, altrimenti ti avrei già avvertito – rispose lui leggermente irritato verso la donna che per molto tempo aveva considerato come la figlia che non aveva e non avrebbe mai potuto avere. L’aveva assunta come sua segretaria personale ormai tredici anni prima e si era subito reso conto che la ragazza era sprecata per quel ruolo. Era troppo intelligente, dinamica, scaltra e ambiziosa per limitarsi ad essere una segretaria. Ed allora lui l’aveva mandata all’Università con una borsa di Studio pagata dalla Corporazione e tre anni dopo l’aveva assunta con un ruolo manageriale per poi nominarla, a soli ventotto anni, a capo della sezione lunare della Corporazione. E lei come ringraziamento due anni prima si era candidata alla Presidenza della Corporazione, riuscendo quasi a batterlo e da quel giorno i rapporti tra i due si erano inevitabilmente incrinati.

-          Ma com’è possibile! La conferenza è fissata per dopodomani, ogni ora che passa ci avvicina sempre più alla nostra fine e Lei se ne sta lì con le mani in mano a …

-          Basta Laura – sbottò lui – è meglio che tu non aggiunga altro. Sai già che ho un incontro con quella donna domani mattina, ho contattato tutti i migliori fisici del pianeta che mi hanno confermato che per loro è fisicamente impossibile realizzare il teletrasporto, che altro dovrei fare a parte mantenere il sangue freddo ed aspettare l’evolversi della situazione ?

-          Se i suoi scienziati si sbagliano dopodomani saremo tutti sulla strada e non ci sarà più alcuna Confederazione dei trasporti. Io e molti altri ci saremmo aspettati interventi assai più decisi da parte sua in difesa della nostra categoria e siamo assolutamente scontenti del suo operato.

-          E quali avrebbero dovuto essere gli interventi “decisi” che tu ti saresti aspettata da me ? Forse anche tu mi stai suggerendo di assoldare un killer per far fuori la donna o far esplodere i suoi laboratori ? E’ meglio che non mi rispondi nemmeno – proseguì senza lasciarle il tempo di ribattere – non vorrei perdere la poca stima che ancora mi è rimasta di te. Buonanotte Laura, ci risentiremo domani. – disse quindi chiudendo bruscamente il collegamento.

 

VanBrust quella notte non andò nemmeno a casa, tanto sapeva che non sarebbe riuscito a dormire. In certo senso si sentiva come un condannato a morte la notte prima dell’esecuzione e pur cercando di pensare ai possibili scenari dell’incontro della mattina successiva non poteva far altro che continuare a ripensare alla sua vita e alla sua Confederazione.

Alla fine, verso l’alba, accese l’olovisore e si guardò un documentario che aveva fatto realizzare l’anno prima sulle attività della Confederazioni.

In pochi minuti passarono davanti ai suoi occhi i treni merci superveloci, gli enormi autotreni lunghi fino a cento metri e capaci di viaggiare a trecento chilometri all’ora e per i quali erano state costruite in Europa, Asia e Nord America delle autostrade riservate, le navette da trasporto che partivano e decollavano in continuazione dagli astroporti, i possenti mezzi cingolati che venivano usati sulla luna e su Marte e le enormi astronavi che facevano la spola tra la Terra e la industrie situate nella fascia degli asteroidi.

Quelle immagini riassumevano tutta la sua vita. Aveva iniziato come autotrasportatore, ancora si ricordava quel giorno in cui era stata aperta la prima autostrada dedicata al trasporto su strada e lui si era trovato al volante di suo autotreno, assoluto padrone della strada. Poi finalmente era riuscito ad ottenere il brevetto di pilota di astronave ed aveva iniziato una vita colma di avventure. Dapprima aveva prestato servizio nel tratta Terra-Luna poi era diventato capitano di un’astronave che collegava la Luna con la fascia degli asteroidi. Ricordava tutto di quei viaggi, il loro fascino, il silenzio innaturale dello spazio, la noia e la solitudine, così come l’eccitazione che nasceva ognqualvolta si entrava nella famigerata fascia degli asteroidi. In quelle ore la concentrazione doveva essere assoluta, bastava la minima disattenzione per andare a sbattere contro un asteroide. E talvolta anche la massima concentrazione non era sufficiente.

Si ricordava bene la sua ultima missione, era appena uscito dalla fascia degli asteroidi con un carico di argento, quando era arrivata una chiamata di emergenza, un’altra astronave era stata seriamente danneggiata da un impatto con uno sciame di micrometeoriti. Senza pensarci un attimo aveva fatto girare l’astronave e si erano nuovamente immersi nella fascia degli asteroidi, avevano raggiunto l’altra astronave e carica a bordo tutto il personale, appena in tempo perché subito dopo una nuova pioggia di micrometeoriti era caduta sulla zona facendo esplodere l’astronave in avaria e danneggiando seriamente la loro. Con due motori su tre fuori uso e il terzo danneggiato erano stati costretti a disfarsi del loro carico e procedere a velocità assai modesta verso l’uscita. Mio Dio se era stata dura! Aveva più volte temuto di non farcela, con gli scudi danneggiati e buona parte della strumentazione di guida fuori uso, ma alla fine c’è l’avevano fatta e subito dopo essere usciti dalla fascia degli asteroidi anche l’ultimo motore aveva ceduto, lasciandoli a fluttuare lentamente nello spazio. Li avevano salvati dopo dodici giorni e lui era diventato un eroe, tuttavia lo spazio non andava mai sottovalutato ed esigeva sempre un caro prezzo. Quei dodici giorni senza scudi avevano infatti sottoposto il suo corpo, così come quello di tutti gli altri membri dell’equipaggio, ad una concentrazione assai elevata di radiazioni e l’avevano costretto a rinunciare per sempre allo spazio così come all’idea di avere dei figli.

Ancora oggi non sapeva quale delle due rinunce fosse più dolorosa e tuttavia non aveva alcun rimpianto e non avrebbe scambiato quegli anni con niente al mondo.

Tornato sulla Terra aveva ottenuto un ruolo dirigenziale all’interno della Corporazione ed in pochi anni ne era diventato il presidente, ruolo che deteneva da tredici anni. La sua vita oggi era completamente diversa da quella di un tempo e tuttavia era ancora piena di sfide. Nessuno all’esterno poteva immaginare la difficoltà che comportava la gestione di un’organizzazione che racchiudeva milioni di aziende private. Nessuno poteva immaginare i mille compressi quotidiani, le costanti richieste, da un lato, del governo federale che chiedeva continuamente una riduzione delle tariffe ed un miglioramento del servizio, e dall’altro, le pressioni delle aziende che operavano nel settore che chiedevano invece di poter applicare tariffe sempre più elevate. Ed in mezzo a questi due poli vi erano i milioni di persone che lavorano sulle autostrade e sulle astronavi e che rischiavano di venire sfruttati in maniera ignobile. E poi vi era la lotta al contrabbando, i giochi di poteri all’interno della corporazione stessa e mille altri problemi.

Eppure, nonostante tutto, Oliver VanBrust amava la corporazione, e non per il potere che in essa deteneva, anzi quello in molti casi era l’aspetto che meno amava della sua posizione, ma perché sentiva di stare facendo un qualcosa di importante per la razza umana in un periodo in cui le risorse sulla Terra si stavano facendo sempre più scarse ed il ruolo dei trasporti era di fondamentale importanza.

Ed adesso, all’improvviso, spuntava questa dottoressa Carla Dushel che annunciava di essere in grado di creare un teletrasporto funzionante. Il teletrasporto, un’invenzione straordinaria ed allo stesso tempo aberrante. Se davvero la Dushel aveva inventato il teletrasporto per il genere umano si apriva una nuova frontiera ma per la corporazione, per ciò che essa rappresentava e per tutti coloro che vi facevano parte sarebbe stata la fine.

Ma questo il progresso, si disse cupamente VanBrust, tutti prima o poi diventano obsoleti e non rimane altro che adattarsi alla nuova situazione e cercarsi nuovi spazi. Ma naturalmente in quanto Presidente della Corporazione non poteva dire pubblicamente una simili affermazione, lo avrebbero sostituito immediatamente e sicuramente con qualcuno che avrebbe fatto ricorsi ai metodi “decisi” che Laura e molti altri invocavano. Ma quello sarebbe stata la vera fine della corporazione, il tradimento di tutto ciò che aveva rappresentato negli ultimi due secoli.

Eppure in tutta la vicenda c’era qualcosa che non quadrava, come mai i più importanti fisici della corporazione affermavano che tutti gli studi in materia dimostravano che il teletrasporto era di fatto impossibile ed all’improvviso spuntava un’oscura scienziata senza alcun nome che affermava di punto in bianco di avere realizzato un teletrasporto funzionante ?

Perso nei suoi ricordi, nei dubbi e nelle domande senza risposta, alla fine VanBrust si accorse che il sole stava già spuntando all’orizzonte, la lunga notte era trascorsa ora non rimaneva altro che andare ad incontrare la dottoressa Dushel e scoprire per quale motivo essa avesse richiesto un appuntamento con lui.

 

Carla Dushel aveva cinquanta anni anche se non ne dimostrava più di trentacinque. Era alta, magra, elegante, con lunghi capelli castani che le arrivavano alle spalle e occhi verdi incredibilmente attenti. Era dunque ben lontano dal modello di scienziato completamente perso nei suoi studi rivoluzionari che VanBrust si era creato nella sua mente negli ultimi giorni.

-          Presidente VanBrust, prego si accomodi – lo accolse la donna con un caloroso sorriso all’ingresso del suo laboratorio – Conosce il Cardinale Antonioli – gli disse quindi presentandogli un anziano signore curvo sotto il peso degli anni.

-          No – replicò lui sorpreso dal fatto che quello che veniva definito come l’uomo di fiducia del Papa fosse anche lui presente ad una simile riunione.

-          Signori – riprese subito la donna – credo che sia il caso di andare subito al motivo per il quale vi ho inviato qui. Come sapete domani terrò una conferenza nella quale annuncerò la scoperta di una tecnologia in grado di teletrasportare a qualunque distanza cose e persone. Ci tengo subito a precisare una cosa: questa tecnologia esiste! E quindi prima di tutto intendo darvene una dimostrazione pratica. Ecco – disse loro guidandoli attraverso il laboratorio fino a due grossi contenitori di cristallo a forma silos – come potete vedere uno dei due contenitori è pieno di mais mentre l’altro è assolutamente. Ed adesso vi darò una dimostrazione pratica della mia tecnologia – Carla Dushel premette quindi alcuni tasti sulla console di un computer e pochi istanti dopo i due silos furono attraversati da un’intensa luce azzurra, quando la luce scomparve il primo silos era completamente vuoto ed il secondo pieno di mais.

-          Come avete appena avuto modo di constare – inizio la Dott. Dushel dopo che i tre si furono trasferiti in una comoda sala riunione – la tecnologia del teletrasporto esiste realmente e funziona. Ed allora vi chiedere per quale motivo vi ho chiesto di venire. Beh, per una ragione molto semplice. Vedete, le mie ricerche sono finanziate dalle industrie Galton ed il suo Presidente, Andrew Galton, è assai ansioso di annunciare al mondo la nostra straordinaria scoperta. Tra l’altro come sicuramente Presidente Van Brust potrà immaginare, dopo che la sua Corporazione ha revocato tutte le licenze di trasporto alle industrie Galton per via di quella vicenda di contrabbando di armi, la società non naviga in buone acque e Galton ha assolutamente bisogno di brevettare al più presto la mia invenzione per evitare la bancarotta. 

-          Viste le premesse – continuò dopo un attimo di sosta – non vi stupirà sapere che se fosse dipeso da me avrei rinviato di alcuni mesi la conferenza di domani. Il teletrasporto infatti esiste ma non è stato sufficientemente testato; non abbiamo quindi ancora una chiara idea di quali possano essere i suoi margini di errore, la sua concreta applicabilità a tutte le forme di materia, dei rischi e degli effetti collaterali che potrebbe comportare per gli esseri viventi. Ma le mie ricerche dipendono da un finanziatore privato ed io non posso che tener conto delle sue esigenze. Ma tuttavia sono alquanto preoccupata per i rischi che potrebbe comportare l’immissione prematura sul mercato di una simile tecnologia. E non solo per i rischi scientifici ma anche per i suoi indubbi riflessi sociali. Certo, se trovassi qualcuno disposto a finanziare la fase sperimentale della mia scoperta, allora potrei rinviare di qualche anno la sua entrata sul mercato. E qui, signori, potreste entrare in gioco voi …

-          Noi ? in che senso ? – chiese all’apparenza stupito il Cardinale.

-          Beh, non è certo un mistero per nessuno che voi siate le parti che più avete da perdere dalle mie scoperte e quindi quelle che avrebbero più da guadagnare da un suo rinvio.

-          Francamente continuo a non capire – replicò il Cardinale – Se infatti è chiaro cosa avrebbe da perdere la Corporazione dei Trasporti, non capisco invece quale problema dovrebbe causare alla Chiesa Cattolica la sua invenzione.

-          Cardinale, per cortesia non giochi a fare l’ingenuo. Purtroppo non abbiamo il tempo per giocare. So benissimo che l’annuncio della mia scoperta ha creato notevole fermento in tutto il Vaticano. E questo perché, come lei sa perfettamente, il teletrasporto in realtà non è una vera forma di trasporto ma più precisamente una tecnologia che distrugge una struttura molecolare in un luogo e ne crea una assolutamente identica in un altro luogo. Questo naturalmente non creerebbe problemi, dal Vostro punto di vista, per gli esseri non viventi ma per l’uomo vi sarebbe il problema dell’anima. Se distruggo il corpo di una persona e lo ricreò in altro luogo, cosa ne è dell’anima di quell’uomo ? e se la personalità delle persona rimane assolutamente immutata, così come i suoi ricordi e la sua autocoscienza, posso ancora affermare che esiste l’anima ?

-          In effetti il problema da lei sollevato potrebbe non essere di poco conto – rispose il Cardinale – ma naturalmente lei è consapevole che la Chiesa Cattolica si schiererà decisamente contro la sua invenzione se lei decidesse di applicarla anche agli uomini ?

-          Ne sono consapevole, ma credo che in questo momento uno scontro non serva a nessuno dei due, al contrario di qualche anno di tempo per proseguire gli studi ed esaminare meglio il problema.

-          Quanto vuole ? – sbottò allora il Cardinale.

-          Cinque milioni di crediti da tutte e due in cambio di altri cinque anni in cui la scoperta non verrà resa operativa, ed in più, da parte sua Presidente, la concessione di nuove licenze di trasporto alle industrie Galton.

-          Galton è al corrente di questa sua offerta ? – chiese VanBrust che era rimasto fino ad allora completamente silenzioso e dal momento della dimostrazione appariva stranamente rilassato.

-          Si, è al corrente ed è assolutamente d’accordo.

-          Per me allora – replicò lui – può andare, ma ad una condizione: che scienziati della Corporazione l’affianchino in questi cinque anni per verificare il progresso dei suoi studi.

-          Ed anche scienziati del Vaticano – si affrettò ad aggiungere il Cardinale.

-          Per me va bene – rispose la donna – allora, affare fatto ?

-          Affare fatto – replicarono i due ospiti.

 

Carla Dushel osservò i suoi due ospiti uscire dal laboratorio, poi si accomodò in una poltrona e trasse un profondo sospiro. Il suo era stato un grande bluff, ma era stato l’unico modo per uscire da una situazione disperata. Ancora non riusciva a credere alla facilità con cui i due, e specialmente VanBrust, avevano ceduto alle sue richieste: dovevano essere proprio disperati! Se solo avessero saputo che in realtà il mais era l’unico sostanza che il suo teletrasporto era attualmente in grado di gestire senza produrre delle alterazioni genetiche, sicuramente non sarebbero stati così benevoli nei suoi riguardi.

Con un sorriso si concesse quindi di pensare a quale sarebbe stata la reazione dei due uomini quando fra qualche anno li avrebbe messi al corrente della verità e del fatto che erano stati proprio i lori soldi a consentirle di realizzare il loro incubo peggiore.

Si sarebbe divertita immensamente, pensò. Subito dopo però si alzò e ritornò al laboratorio. Il lavoro da fare era ancora molto!.

 

VanBrust si accomodò nella postazione di guida della sua piccola astronave e trasse un profondo sospiro di sollievo. Il teletrasporto del mais! Non riusciva quasi a credere alla sua fortuna e quasi provava pena per la Dott. Dushel, che naturalmente non poteva sapere, che circa settanta anni prima la Corporazione aveva avviato degli studi sul teletrasporto e che un povero professore di fisica dopo aver trovato con relativa facilità il modo di teletrasportare il mais aveva passato i successivi trenta anni a cercare di applicare quella tecnologia anche ad altre materie.

Naturalmente la Duschel avrebbe potuto avere più fortuna del suo predecessore ma lui ne dubitava. Nel frattempo lui avrebbe potuto monitorarne gli studi e quella vicenda gli aveva offerto l’opportunità per riabilitare Andrew Dalton, un vecchio amico (o forse era meglio dire ex amico) che suo malgrado era stato costretto ad espellere dalla corporazione. Per tutto ciò cinque milioni di crediti costituivano un prezzo più che accettabile.

Riscotendosi da quei pensieri, fece allora decollare l’astronave e si diresse verso il suo ufficio: in fin dei conti aveva ancora la più grande corporazione che si fosse mai vista nella storia umana da gestire!